Con la guerra si rimescola il Grande Gioco dell’Eurasia, dove l’Occidente con il disastroso ritiro dall’Afghanistan tocca sempre meno palla come dimostra il gran rifiuto a Biden di Arabia saudita ed Emirati sul calmiere all’oro nero. Come la Russia, la Turchia è un Paese eurasiatico e Ankara, come Mosca, è erede di un ex impero che Erdogan sta proiettando da anni dal Mediterraneo ai Balcani, dall’Africa all’Asia centrale turcofona: la Turchia si sente talmente autonoma nella Nato che non ha imposto a Mosca neppure una sanzione, cosa che gli alleati europei e americani _ media compresi _ evitano accuratamente di sottolineare.

PER QUESTO L’INCONTRO trilaterale tra il ministro russo Lavrov e il suo omologo ucraino Kuleba con il collega turco Cavusoglu rappresenta la mossa diplomatica internazionale più rilevante da quando è cominciata la guerra, anche se i russi rimarcano che avviene ai margini di un forum multilaterale in programma da tempo ad Antalya. La coincidenza che ad Ankara è in visita in queste ore il presidente israeliano Herzog, segnale di ulteriore riavvicinamento tra le due potenze mediorientali, aggiunge un peso ulteriore alle manovre di Erdogan che aveva tentato di organizzare un incontro tra Putin e Zelensky in Turchia prima dell’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, ma senza riuscirci.

LA TURCHIA SI GIOCA buone carte con la Russia di Putin, anche se più dura la guerra e più difficile diventa un compromesso. Ancora una volta Ankara si distacca dall’Unione europea e dagli Stati Uniti: la sua astensione sulle sanzioni è rilevante perché parliamo del secondo maggiore esercito dell’Alleanza Atlantica e del Paese che si affaccia sul Mar e Nero e controlla gli Stretti dei Dardanelli, ovvero in posizione strategica di prima linea.

TURCHIA E RUSSIA sono paesi in competizione ma che collaborano in campi strategici. La cooperazione tra Putin ed Erdogan si è sviluppata in diversi ambiti. Il più importante è costituito dall’energia, e in particolare dal gas naturale. Con oltre il 33% degli approvvigionamenti di gas, la Russia è il primo fornitore della Turchia, nonostante negli anni la quota russa si sia ridotta come conseguenza della diversificazione energetica perseguita da Ankara e per l’arrivo sul mercato turco del gas dall’Azerbaigian. Il gas russo, che giunge in territorio turco attraverso due gasdotti sottomarini nel Mar Nero (il Blue Stream, costruito da Eni e inaugurato nel 2003, e il TurkStream, messo in funzione nel 2020), garantisce flussi costanti che non si sono interrotti neanche nelle fasi più critiche delle relazioni bilaterali, come quella seguita all’abbattimento di un jet russo in Siria da parte delle forze turche nell’ottobre del 2015.

ALLA COOPERAZIONE energetica si aggiunto un nuovo e assai sensibile comparto, quello della difesa. Nel 2019 Ankara ha infatti acquistato il sistema di difesa missilistico russo S-400, per cui la Turchia, membro della Nato, è stata espulsa dal programma degli F-35.

Al di là del gas, la collaborazione si è estesa anche al nucleare, con la società russa Rosatom che sta sviluppando la prima centrale nucleare turca nell’Anatolia meridionale, che dal 2025 dovrebbe produrre circa il 10% del fabbisogno di elettricità. Le forniture energetiche ovviamente costituiscono la parte più consistente degli affari bilaterali. La Russia è il terzo partner commerciale della Turchia dopo Germania e Cina, con un interscambio di 34,7 miliardi di dollari nel 2021, e il secondo fornitore dopo la Cina. Inoltre i russi sono stati nel 2019 i turisti più numerosi in Turchia con 7 milioni di presenze. E i russi sono stati anche i primi a tornare quando lo hanno consentito le misure sulla pandemia.

IL FATTO CHE LA CINA abbia forti interessi in Turchia, dove l’inflazione al 50% sta abbattendo i prezzi reali delle acquisizioni di imprese e infrastrutture, rende ancora più interessante il triangolo Pechino-Ankara-Mosca: di fatto questi tre Paesi controllano direttamente o indirettamente gran parte dei traffici terrestri e navali (nel caso di Turchia e Cina) tra l’Asia e l’Europa. Ecco perché la Russia punta a impadronirsi di Odessa e della fascia costiera ucraina. La Cina controlla porti rilevanti: un paio in Turchia, il Pireo in Grecia e una parte di Haifa in Israele. La Turchia ha la sua sfera di influenza, in aspra concorrenza con la Grecia e la Ue, nel Mediterraneo orientale che ora con politica della Patria Blu e l’intervento in Libia del 2019 ha allargato fino alle coste della Tripolitania.

AL DI LÀ DI QUESTI aspetti, Turchia e Russia sono anche in accesa competizione in diversi teatri di crisi, in particolare in Siria, Libia, Azerbaijan, dove i due paesi si trovano su fronti contrapposti, e dove entrambe cercano di consolidare le rispettive posizioni, evitando allo stesso tempo qualsiasi scontro diretto. Mentre il presidente Erdogan tiene aperti i canali di dialogo sia con Mosca che con Kiev con le forniture militari agli ucraini.

PER LA TURCHIA, che ha molto da perdere dal conflitto tra Kiev e Mosca, è in gioco la sicurezza e l’equilibrio di forze nel Mar Nero, area particolarmente sensibile nella storia delle relazioni turco-russe. Su questo sfondo, da una prospettiva turca, l’Ucraina costituisce un argine all’influenza e alla pressione russa nella regione del Mar Nero. Non sorprende che la Turchia non abbia riconosciuto l’annessione russa della Crimea nel 2014 e poi abbia venduto i suoi droni a Kiev.

Ma nonostante questo sostegno all’Ucraina la Turchia si guarda bene dal compiere mosse che possano compromettere i suoi interessi con Mosca. Alla faccia della Nato e degli europei.