«Gli agenti che hanno ucciso il nostro Federico devono essere licenziati». Lo hanno chiesto al prefetto di Ferrara Lino, Patrizia e Stefano, rispettivamente il padre, la madre e il fratello di Federico Aldrovandi, il 18enne ucciso da 4 poliziotti il 25 settembre del 2005.

L’incontro si è tenuto al termine del lungo corteo che ieri ha portato più di 3 mila persone a sfilare per la città estense dietro lo striscione «Via la divisa». A sorreggerlo, insieme a Patrizia, c’erano Lucia Uva, Ilaria Cucchi ed Elia Bianzino, tutte accomunate dalla stessa sofferenza: un congiunto ucciso da persone in divisa. Insieme a loro tanti altri familiari di vittime delle forze dell’ordine. Dietro loro, rispettosi del dolore, hanno sfilato studenti, attivisti dei centri sociali, semplici cittadini, amici e conoscenti di Federico, amministratori locali, esponenti politici senza bandiere di partito (come richiesto dagli organizzatori) e tanti ultrà.

L’appuntamento era alle 14 in via dell’ippodromo. Proprio lì, il 25 settembre di 8 anni fa, Federico di ritorno da una serata con gli amici a Bologna incontrò la morte, con la divisa della polizia e il manganello. Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri, agenti in forze all’epoca alla Questura di Ferrara, sono stati condannati a 3 anni e 6 mesi per eccesso colposo in omicidio colposo. Tra indulto, carcere e arresti domiciliari gli agenti hanno scontato la loro pena e, dopo sei mesi di sospensione, tre agenti (Forlani è in malattia) sono tornati in servizio. Con compiti amministrativi, hanno spiegato dal ministero dell’Interno ai deputati grillini che avevano chiesto lumi sulla vicenda.

«Devono essere licenziati perché hanno disonorato la polizia» ha detto Lino Aldrovandi. Il babbo di Aldro sale sul pianale del camioncino che sta in testa al corteo quando questo si ferma affianco al Castello Estense, nel cuore della città. Proprio in quel punto, più volte lo scorso anno, si era fermato anche il camioncino del Coisp, il sindacato di polizia che più di ogni altro ha preso le difese dei colleghi condannati per l’omicidio di Federico. E’ da quel punto preciso che Lino ringrazia i manifestanti: «Vi ringrazio perché siete qui per Federico e per i vostri figli».

Composto, emozionato, Lino parla come il padre che è: «Il sangue e la vita di un figlio non hanno prezzo. Non credo sia una richiesta così incredibile volere che chi commette atti così aberranti non possa più indossare una divisa». L’applauso sale forte dal corteo e le lacrime faticano ad essere trattenute. Dal fondo arrivano i cori degli ultrà: «Giustizia per Federico» e «Via la divisa».

I gruppi della curva del Bologna calcio, anche quelli dichiaratamente di destra, sono presenti: «Toglietevi la divisa» scrivono in uno striscione. «Per sempre al fianco degli Aldrovandi» gridano più volte. Poi ci sono gli ultrà della Spal, la squadra di Ferrara, quelli della Fortitudo Basket, quelli del Toro calcio. «Dietro quelle scriv[/ACM_2]anie nessuna dignità» scrivono gli ultrà del Lecce che appendono lo striscione proprio sotto la Prefettura. Pochi in corteo i giovani ferraresi. Prima di salire dal prefetto Patrizia prende la parola. E’ il giorno del suo compleanno e chi le cede il microfono non manca di farlo notare: «Anche in questo giorno deve affrontare questa assurda situazione». «Sono commossa e felice che la voce di Federico salga così alta» dice Patrizia. «Oggi insieme a me e a tutti voi ci sono molte famiglie di vittime, ci sono persone che sono sopravvissute ai pestaggi. Adesso siamo vicini alla Questura, e lo dico a voi, e lo dico a loro: sappiate che ci saranno sempre le famiglie, ci saranno sorelle, figli, madri, mogli. E io come mamma lo grido forte: Non staremo mai zitte». Il fiume di gente che ha invaso Corso Ercole I d’Este scoppia in un applauso avvolgente. Mentre Lino, Patrizia e Stefano si preparano per salire, ripartono i cori degli ultrà, che diventano cori di tutti: «Vogliamo giustizia, vogliamo solo giustizia».