È di almeno 6 morti e dozzine di feriti il bilancio dell’assalto condotto da uomini armati nella notte tra lunedì e martedì contro i manifestanti inermi che da oltre un mese stazionavano di fronte alla sede delle Forze armate a Khartoum per chiedere il passaggio dei poteri a un governo civile.

In azione «elementi non identificati», secondo le autorità militari sudanesi, un commando con indosso le uniformi delle forze speciali di «supporto rapido», secondo molti testimoni. Comunque un modo sanguinoso per respingere l’accordo di massima, travagliato ma significativo, raggiunto nelle stesse ore tra il Consiglio di transizione militare e l’ampio cartello delle Forze della libertà e del cambiamento, che sembrava invece preludere a una svolta proprio come quella reclamata dal sit-in permanente: un governo di transizione «interamente formato da civili che avrà poteri legislativi assoluti – come ha detto il presidente del Partito del Congresso sudanese Khalid Omer al termine dei colloqui – in cui i militari avranno ruoli «simbolici senza poteri esecutivi».

Niente stato di emergenza per almeno due anni, quindi, e scongiurata anche la concreta possibilità di vedere elementi del vecchio regime restare in sella, malgrado la vittoria portata a casa a caro prezzo dal variegato movimento che ha ottenuto tra l’altro, dopo mesi di proteste senza precedenti, la fine della trentennale presidenza di Omar al Bashir (formalmente incriminato il giorno stesso anche per i dimostranti uccisi tra dicembre e marzo).

 

Ieri pomeriggio nuova manifestazione nelle strade di Khartoum (afp)

 

Secondo Taha Isaac, altro portavoce delle Forze della libertà e del cambiamento, è un accordo che «soddisfa entrambe le parti e contribuisce alla realizzazione degli obiettivi della rivoluzione». Ma questa volta ai manifestanti non è stato dato il tempo neanche di festeggiare.

Isolati sul piano internazionale, messi con le spalle al muro dall’Unione africana, costretti a rivedere la velleità di avere una rappresentanza maggioritaria nel nuovo esecutivo. i generali della giunta che ha preso il potere dopo l’arresto di al Bashir ora devono fronteggiare la fronda interna di «cellule dormienti anti-rivoluzionarie che vogliono il conflitto tra l’esercito e le Forze di supporto rapido». In molti puntano invece il dito sui famigerati Servizi di sicurezza e intelligence (Niss), che avevano già provato a rimuovere il presidio dei manifestanti a più riprese, senza riuscirvi. Tra le vittime dell’attacco figura anche un poliziotto, che non sarebbe il primo ad aver preso le difese della piazza.