Secondo i dati del Preliminary Committee of Sudan Doctors’ Trade Union, dei 130 ospedali pubblici e privati della capitale sudanese, solo il 16% è parzialmente funzionante e con una capacità molto limitata.

La mancanza di energia per le attrezzature salvavita, i danni alle infrastrutture, la disperata carenza di forniture, acqua e personale sanitario, disegnano il quadro comune del settore sanitario attuale a Khartoum, a un mese dall’inizio dello scontro militare tra le Forze di supporto rapido (Rsf) e l’esercito regolare guidato dal generale al-Burhan, capo di stato de facto del Sudan.

NONOSTANTE le condizioni strazianti, gli operatori sanitari sudanesi continuano a lavorare gratuitamente negli ospedali rimasti aperti e nei cosiddetti Resistance Committees, gruppi di medici e infermieri che cercano di compensare la carenza di assistenza sanitaria fornendo il primo soccorso nei quartieri martoriati.

L’Organizzazione mondiale della Sanità ha verificato 28 attacchi deliberati a strutture sanitarie, tra cui il centralissimo Baraha Medical City, a Khartoum north. Il Jaafar Ibnouf Children’s Hospital, uno dei maggiori ospedali pediatrici della città, è stato costretto alla chiusura temporanea.

Sono 19 invece gli ospedali evacuati con la forza. Le tipologie di attacchi comprendono saccheggi, ostruzione all’accesso e all’assistenza sanitaria, attacchi violenti con armi e occupazione forzata delle strutture.

Numerosi gli appelli alla comunità internazionale per istituire un meccanismo investigativo di monitoraggio, raccolta e denuncia delle violazioni al diritto internazionale umanitario.

Secondo il rapporto del Sudan Doctors’ Trade Union, i paramilitari delle Rsf hanno evacuato interi edifici del Khartoum Teaching Hospital, del Fedail Hospital, clinica privata nel distretto di Al Khartoum Basr, e dell’East Nile Hospital, usandoli come basi e ospedali militari. Il ministero della salute conferma l’occupazione da parte delle Rsf di 12 ospedali della capitale.

NAZEER, ricercatrice all’Università di Khartoum, ci racconta: «Lo staff medico è stato trattenuto all’interno degli ospedali. Sono stati arruolati nelle fila del personale sanitario militare».

Secondo la Sudan’s Union of Pharmacists, i combattenti delle Forze di supporto rapido hanno occupato anche il Medical Supplies Center, maggior punto di raccolta di materiale sanitario a Khartoum, interrompendo la catena di fornitura di farmaci salvavita, come l’insulina.

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Al Kassala Teaching Hospital, ospedale pubblico nella capitale dello stato di Kassala, è parzialmente funzionante una sala operatoria e mancano completamente le cure critiche. E nell’ospedale di Atbara, nel River Nile State, a nord-est del Paese, mancano materiale ostetrico, attrezzature per trasfusioni, anestetici e farmaci di urgenza. Entrambi gli ospedali stanno fronteggiando il crescente afflusso di sfollati interni.

Ad Al Fasher, nel nord del Darfur, solo due ospedali sono in funzione e alcuni centri sanitari sono stati riaperti in seguito all’ultimo cessate il fuoco. Mentre ad Al Geneina, capitale del West Darfur tutti gli ospedali e i centri sanitari sono fermi.

Per le donne in gravidanza rimane critico l’accesso alle cure mediche e ai controlli. Grave rischio dunque per le emergenze ostetriche: già prima del conflitto il Sudan aveva un tasso di mortalità materno di 295 decessi ogni 100mila nati vivi, secondo i dati delle Nazioni unite.

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LE MALATTIE croniche, che prima del conflitto erano trattate regolarmente, ora mettono ogni giorno a rischio di vita centinaia di civili. La situazione nei centri di dialisi renale a Khartoum sta diventando seriamente preoccupante, secondo il Sudan Doctors’ Trade Union.

Tutti i centri, che prima del conflitto gestivano 140mila sessioni di dialisi al mese, stanno esaurendo le scorte: ben presto i pazienti si vedranno costretti ad affrontare le temibili complicanze dell’insufficienza renale.