Anche la Spagna chiude le sue frontiere, appellandosi all’articolo 28 del Trattato di Schengen. È solo l’ultima mossa di un paese che è travolto dall’emergenza coronavirus. Domenica sera la task force formata dai quattro ministri della Sanità, Salvador Illa, della Difesa, Margarita Robles, dell’Interno, Fernando Grande-Marlaska e delle Infrastrutture e trasporti, José Luís Ábalos, ha spiegato al paese che il governo ha preso una serie di misure, fra cui mettere a disposizione del ministro della Sanità, su cui ricade il coordinamento di tutte le azioni relative a questa emergenza, le cliniche private. Il ministro ha chiarito che le comunità autonome potranno disporne secondo le necessità. La città catalana di Igualada e le altre 3 isolate da mercoledì hanno già chiesto al governo di requisire una clinica privata con 90 posti letto. Non solo: chiunque abbia a disposizione materiale sanitario come mascherine deve consegnarlo immediatamente al ministero, ha ordinato Illa.

Ogni sera alle 8 dalle finestre la gente applaude spontaneamente al personale sanitario che in questi giorni è sotto pressione. Anche l’esercito è pronto per qualsiasi azioni venga ritenuta opportuna per arginare l’emergenza, fra cui il controllo del rispetto delle misure di contenzione stretta, in vigore da sabato notte. Ieri la ministra Robles ha anche dato ordine di prendersi cura dei senza tetto, compito che ha chiesto al vicepremier Pablo Iglesias di coordinare. Anche la sindaca di Barcellona Ada Colau ha chiesto al governo di non fare come nella crisi del 2008 e di non lasciare indietro nessuno.

Mentre l’emergenza cresce (ieri sono stati quasi toccati i 10mila casi, con 330 vittime: fra i contagiati anche due presidenti di comunità autonome, il catalano Quim Torra e la madrileña Isabel Díaz Ayuso), Ábalos ha chiarito che i giorni di emergenza saranno ben più di 15. E come ha detto il direttore del Centro di coordinamento e emergenza delle allerte e delle emergenze Fernando Simón, gli ultimi giorni saranno i più duri. Dopo i primi giorni di incertezza, la classe politica spagnola sembra aver preso coscienza della gravità della situazione. I presidenti galiziano e basco hanno annullato le elezioni regionali previste per il 5 aprile.

Il governo catalano ha chiesto a Madrid di sigillare la Catalogna, lamentandosi che ora lo stato d’allarme (che accentra le competenze) non permette loro di farlo. L’unica voce fuori dal coro è quella di Vox, che chiede al governo che differenza c’è fra una farmacia e una merceria, e perché non permettere a tutti di aprire. Pedro Sánchez, come prevede la costituzione, si presenterà al Congresso mercoledì per spiegare lo stato d’allarme deciso sabato scorso. La camera si riunirà in maniera straordinaria (le sedute erano state sospese per il coronavirus), ma parteciperà solo una ridotta delegazione per ogni partito.

In molti, fra cui i sindacati, chiedono al governo di obbligare tutte le imprese a chiudere i battenti. Le metro di Barcellona e Madrid, complice la riduzione del servizio, in alcuni momenti sono state molto piene. Oggi dal Consiglio dei ministri si attendono anche decisioni per aiutare i lavoratori che inevitabilmente perderanno il lavoro come conseguenza dello stop produttivo. La più grande fabbrica catalana, la Seat, ha già messo in cassa integrazione i suoi 15 mila operai. Intanto la Farnesina ha organizzato voli ieri e oggi per rimpatriare gli italiani alle Canarie e ha predisposto un modulo per chi debba rientrare in Italia per residenza o motivi di lavoro o sanitari.