Dopo la Grecia, tocca alla Spagna. Mentre il governo di Alexis Tsipras cercherà di ottenere i primi risultati concreti, sulla penisola iberica sarà una lunga annata di battaglie elettorali che potrebbero portare a un altro trionfo delle forze anti-austerità.

Per il premier conservatore Mariano Rajoy si annuncia una penosa via crucis, appesantita dagli scandali di corruzione (v. il «caso Gürtel») che non gli danno tregua. Il momento-clou sarà l’ultimo: le politiche di autunno, probabilmente il 29 novembre. Ma la prima data sul calendario è più vicina: il 22 marzo in Andalusia si rinnova il parlamento regionale. Voto anticipato voluto dalla governatrice in carica, la 40enne socialista Susana Díaz, convinta che fosse il momento di mettere fine a tre anni di esecutivo di coalizione fra il suo Psoe e Izquierda unida. Il motivo: la «svolta radicale» dell’alleato. Leggi: la linea di convergenza con Podemos che persegue il 30enne Alberto Garzón, nuovo leader de facto (formalmente il segretario è ancora Cayo Lara) della federazione di cui è matrice il Partito comunista (Pce).

L’ambiziosa e abile Díaz vuole disfarsi di un alleato scomodo, e prendere in contropiede la formazione di Pablo Iglesias, in testa nei sondaggi a livello nazionale, ma ancora carente di strutture territoriali. Le stesse inchieste di opinione che collocano Podemos in testa alle intenzioni di voto per le politiche dicono che alle regionali andaluse vincerebbe il Psoe. Díaz è forte: gode di buona stampa e ha rimesso in sesto i socialisti nella Comunità autonoma che è loro tradizionale feudo.

Il partito di Iglesias non ha ancora una figura da contrapporle, ma si è dato l’obbiettivo di trovarla entro due settimane, attraverso primarie-express. Ovviamente online. Tra i nomi in ballo, l’eurodeputata Teresa Rodríguez, collocata nella «minoranza di sinistra» di Podemos, quel settore proveniente dal partito trotzkista Izquierda anticapitalista che non ha votato il documento di Iglesias al congresso di fondazione.

Il voto di marzo sarà un primo importante test anche in chiave nazionale: se avranno la meglio i socialisti, Díaz non solo resterebbe governatrice, ma potrebbe profilarsi come candidata premier. Non è un mistero, infatti, che molti nel Psoe vorrebbero in quel ruolo la carismatica andalusa al posto del segretario Pedro Sánchez, che sembra già precocemente avviato sul viale del tramonto. I sondaggi non lo premiano, lui non trova argomenti forti per contrastare l’ascesa di Podemos, e molti nel partito non hanno digerito il suo «pentimento» sul pareggio di bilancio in Costituzione, voluto nel 2011 da José Luis Zapatero. Pur essendo stato votato nelle primarie dagli iscritti, a Sánchez mancano truppe veramente «sue»: il consenso decisivo glielo procurò proprio Díaz dall’Andalusia, che con la mossa delle elezioni regionali anticipate è intenzionata a far capire chi comanda davvero nel Psoe.

Per Podemos sarà il primo banco di prova nella dimensione non facile della politica locale, dove contano di più radicamento sociale e legami personali. Dopo la popolosa regione meridionale, il 24 maggio sarà il turno di tutti i municipi del Paese e di 13 regioni su 17: praticamente le prove generali delle politiche.

E non è tutto: prima del gran finale, il 27 settembre toccherà anche alla Catalogna in solitaria celebrare elezioni che il governatore nazionalista Artur Mas vuole trasformare in un «referendum legale» sull’indipendenza.