In Siria, secondo informazioni fatte circolare da ambienti dell’esercito russo, nelle immediate vicinanze della zona smilitarizzata accanto a dei distaccamenti di truppe turche starebbero operando dei contractors bielorussi che rispondono direttamente al presidente Lukashenko o al suo più prossimo entourage.

Una situazione che sarebbe ben nota da tempo al Cremlino che avrebbe diffidato più volte Minsk ad avventure che hanno portato i soldati di ventura slavi a combattere nei mesi scorsi sia contro le truppe della Federazione e del governo di Damasco, sia contro le unità curde Ypg.

Secondo quanto si apprende da fonti siriane, si tratterebbe di ex ufficiali ma anche di militari ancora attivi dell’esercito bielorusso, in particolare cecchini e artiglieri. Un contingente non modesto, se come viene fatto trapelare si tratterebbe di 150 uomini.

Non molto tempo fa, giornalisti siriani hanno riferito dell’uccisione di individui a consiglieri militari russi. Una notizia confermata anche dal reporter di guerra moscovita Semion Pegov: «A quanto pare, l’alleanza Lukashenko-Aliyev-Erdogan in un modo o nell’altro sta continuando a fare il suo gioco alle spalle della Russia, fornendosi reciprocamente servizi, anche di natura militare». Un legame così stretto, secondo Pegov, da far pensare che le voci secondo cui la famiglia Lukashenko preveda di usare la Turchia come primo «aeroporto alternativo» in caso di fuga da Minsk non sembrano infondate.

Non sarebbe un caso che il presidente turco sia stato tra i primi a congratularsi per la rielezione con Lukashenko, due settimane fa, e che Volodomyr Zelensky (altro grande alleato di Erdogan) non abbia calcato la mano nella denuncia delle violazioni dei diritti democratici in Bielorussia.