Le tv siriane ieri offrivano al pubblico lo show delle elezioni di Assad: nelle zone controllate dal regime, le uniche in cui è stato possibile votare, migliaia di persone in fila nei 9.600 seggi aperti intonavano slogan a sostegno del presidente, che ha la certezza quasi matematica di aggiudicarsi il terzo mandato consecutivo. Le urne si sono aperte alle 8 del mattino e, per permettere a tutti di votare, le autorità siriane hanno prolungato le operazioni, fino alle 22.

Nonostante il significativo dispiegamento di forze militari e la presenza di checkpoint nelle città, la tornata elettorale si è svolta in un’atmosfera di quiete, seppure le opposizioni abbiano fino all’ultimo invitato i siriani a boicottare un voto definito «una farsa». Stesso giudizio quello espresso dai Paesi occidentali e dalle petromonarchie del Golfo e dalla Nato. Il segretario dell’Alleanza atlantica Rasmussen ha condannato le elezioni, affermando che nessuno dei 28 Paesi membri riconoscerà i risultati: «È una farsa. Non rispetta gli standard internazionali di elezioni libere, giuste e trasparenti e nessun alleato ne riconoscerà l’esito».

Ben diverso l’annuncio del vice ministro degli Esteri di Mosca Bogdanov che ieri, a sorpresa, ha comunicato alla stampa russa che il regime di Assad sarebbe pronto, dopo le elezioni, a formare un governo di coalizione con alcuni membri delle opposizioni. Una notizia che ha trovato parziale conferma nelle parole di Bouthaina Shaaban, consigliere politico del presidente, che lunedì aveva parlato di contatti tra Damasco e alcuni Paesi del Golfo e leader delle opposizioni per raggiungere un accordo di riconciliazione nazionale, «sul modello di quello raggiunto ad Homs e nelle periferie di Aleppo».