In Sicilia, oltre duecentomila elettori hanno votato per il candidato M5S Cancelleri senza scegliere le liste grilline. E al contrario oltre centomila elettori delle liste a sostegno di Micari non hanno scelto il candidato presidente scelto da Renzi e Alfano. Le elezioni siciliane sono state, tra le altre cose, il trionfo del voto disgiunto. A questi ampi scostamenti tra candidati e liste – che riguardano in misura minore anche Fava (+27mila voti rispetto alla lista Centopassi) e Musumeci (+21mila voti rispetto alle 5 liste a sostegno) – si devono aggiungere altri 160.473 elettori che hanno scelto di votare solo il candidato presidente. Da soli circa l’8% dei voti validi.

La Sicilia, si dice e si ripete, è un laboratorio politico nazionale, ma non si può dimenticare che questo fenomeno così caratterizzante del voto disgiunto non sarà ripetibile alle elezioni politiche del 2018. Semplicemente perché la nuova legge elettorale non lo consente. E non a caso.

L’Istituto Catteneo ha calcolato ieri che il voto per il solo candidato presidente in queste elezioni siciliane ha toccato il punto più alto dal 2001, mentre 5 anni fa era rimasto fermo al punto più basso (circa la metà di adesso). «La crescita del voto disgiunto – ipotizza Marco Valbruzzi che ha curato la ricerca del Cattaneo – può essere legata anche alla nuova strutturazione tripolare della competizione interpartitica e, in particolare, alla presenza di un polo (di centrosinistra) attualmente non competitivo». Uno sguardo ai risultati di Micari e Cancelleri può confermarlo. Nel caso del rettore, oltre il 20% degli elettori dell’alleanza Renzi-Alfano ha scelto di non votarlo come presidente. Al contrario quasi il 30% di chi ha scelto Cancelleri come presidente non era tra gli elettori della lista grillina. La stima dei flussi del Cattaneo (fatta nel raffronto con le regionali del 2012) dice che quasi il 25% dell’elettorato Pd-Ap ha esercitato il voto disgiunto in favore di Cancelleri. E qualcuno avrà anche votato per Musumeci, visto che il vincitore si è giovato di un 3% di voti extra liste.

La prima conclusione è che la legge regionale siciliana garantisce la libertà dell’elettore di scegliere il candidato migliore (o meno peggiore) tra quelli percepiti come effettivamente in gara, e poi votare la sua lista preferita. O anche nessuna lista. Micari, evidentemente e dal principio, non era in gara. La legge elettorale nazionale invece no. Non è possibile votare per un candidato nel collegio uninominale e per una lista che non lo sostiene nella parte proporzionale: la scheda sarebbe invalidata. Non è d’altra parte possibile nemmeno votare solo per il candidato nell’uninominale: anche se si traccia il segno solo sul suo nome il voto viene ripartito alle liste in proporzione ai voti diretti che queste hanno raccolto (quindi sulla base delle scelte di altri elettori). Questa particolarità del Rosatellum (per taluni addirittura incostituzionale) lo differenzia da tutte le altre leggi elettorali miste.

In Germania il voto disgiunto sulla stessa scheda è un caposaldo, utilizzatissimo dagli elettori anche alle ultime elezioni e spesso è stato un’indicazione per le alleanze di governo. Da noi invece la furbizia di Verdini, che ha proposto la legge, di Renzi, che l’ha rilanciata, e di Berlusconi, che l’ha raccolta al volo, è stata quella di legare indissolubilmente il voto per il candidato del collegio e quello della lista. Immaginando che i grillini non siano competitivi nelle sfide maggioritarie e che i consensi si polarizzassero su centrodestra o centrosinistra, finendo poi con l’essere trascinati sulle liste.

E’ il meccanismo del voto utile. Ma la condizione di estrema debolezza del Pd, oltre al fatto che come si posso polarizzare i consensi si possono polarizzare anche i dissensi (per esempio di quelli che votano contro Renzi) lascia intravedere uno scenario opposto. E’ la seconda conclusione, assai amara per Renzi. Più competitivi nei collegi per fermare il centrodestra possono adesso apparire i grillini. E la scheda che chiede solo un voto sul simbolo può ulteriormente favorirli. Per il Pd un perfetto autogol.