Il primo sciopero nel sistema dell’accoglienza rifugiati si è svolto a Torino. E lo hanno proclamato i lavoratori dell’associazione Terra del Fuoco e della cooperativa Babel, emanazione della prima, che, sostenuti da Cub Sanità, lamentano ritardi di mesi nei pagamenti di stipendi e rimborsi, nonché «la cattiva gestione e il mal funzionamento complessivo del servizio». Sono tutti impegnati in un progetto accoglienza assegnato dalla Prefettura di Torino e lavorano quotidianamente con 160 richiedenti asilo, che vivono in appartamenti a Torino, Giaveno e Valli di Lanzo.

I 15 dipendenti che lunedì scorso hanno incrociato le braccia per otto ore, insieme ad altri addetti del settore, si ritroveranno in assemblea questa sera alla Cavallerizza Reale e spiegano così le loro motivazioni: «La nostra non è solo una rivendicazione salariale, vogliamo portare l’attenzione sulla qualità del servizio fornito ai ragazzi stranieri, che non può basarsi solo su un tetto, nemmeno dignitoso, e un po’ di cibo». I lavoratori sono quasi tutti in carico alla neonata Babel, a cui Terra del Fuoco, alcuni mesi fa, aveva ceduto la commessa.

La maggior parte dei richiedenti asilo sono uomini tra i 18 e 35 anni ma anche famiglie con bambini dai 6 mesi ai 14 anni. Arrivano da Palestina, Pakistan, Bangladesh, Gambia, Togo, Mali, Ghana, Nigeria, Guinea. I lavoratori di Babel e Tdf criticano i loro vertici: «La discontinua erogazione dei fondi necessari per le attività di sostegno, formazione, inserimento sociale e lavorativo, come sarebbe previsto dai bandi, svilisce l’efficacia delle attività di accoglienza, così non si fa anche integrazione».

L’appalto della Prefettura corrisponde a un finanziamento di 34,5 euro al giorno per ciascuna persona. Più alto di quello Sprar (Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati, affidato all’Anci) ma senza la rendicontazione e l’articolazione di servizi che questo ultimo impone. Roberto Forte, presidente di Babel, controbatte alle accuse: «La Prefettura ci paga costantemente in ritardo. Noi siamo una startup monocommessa che non ha accesso al credito perché nuova. Abbiamo scelto l’istituto della cooperativa perché soggetto giuridico più compatibile all’appalto rispetto a un’associazione. Non si può lasciare sulle spalle del terzo settore tutto il peso del sistema accoglienza. Da maggio ad agosto, dalla Prefettura, ci è stato pagato solo agosto, del resto abbiamo dovuto farci carico noi. Abbiamo organizzato attività sociali e sportive e abbiamo intenzione di attivare borse lavoro, tutte iniziative extra bando». «E ora – aggiunge Forte – vogliamo andare incontro alle richieste dei lavoratori ma non accettiamo strumentalizzazioni politiche».

Si riferisce al dossier inviato in Procura da Maurizio Marrone, consigliere di Fratelli d’Italia, «contro le cooperative rosse che avrebbero trattato gli immigrati come bestie». Primo «indiziato» Michele Curto, capogruppo di Sel nonché fondatore di Terra del Fuoco, che una volta eletto si era dimesso da incarichi associativi. Tdf accusa di calunnia Marrone ed è pronta a presentare denuncia penale: «La verità è che a Marrone non sta bene che questo territorio settimana per settimana riesca a gestire una emergenza costante e continua meglio di chiunque altro in Italia».