Bentornato Leo Bassi. Non perché fosse sparito dalle scene, che anzi questo artista eclettico e polimorfo ha continuato imperterrito a portare il suo teatro d’assalto nei molti paesi che sono la sua patria, non solo per radici diffuse tra Europa e Americhe, ma anche per un internazionalismo praticato per vocazione e scelta. È che, con assoluta coerenza di linguaggio, Bassi si rinnova, riuscendo a restare sempre più incisivo sul mondo che continua a bombardare. Così ora, ad una età rispettabile, mantenendo una freschezza ed elasticità del corpo invidiabili, torna con un perentorio Io Mussolini, a diradare intenzioni e consapevolezza.

EPPURE riesce sempre a sorprendere, per la complessità degli esiti cui riesce ad arrivare. A cominciare dal luogo del debutto assoluto (una «prima mondiale» dice con fierezza), il Teatro del Lido di Ostia, dove era già stato negli anni passati, ma che tra i teatri «di cintura» a Roma mantiene intatta la sua vocazione alla ricerca e al coinvolgimento di massa nei nuovi linguaggi. Io Mussolini comincia dalla fine, da piazzale Loreto, e il fiero antifascismo del racconto non ne vela l’aspetto «patetico» del personaggio. Oltre, naturalmente, a quello letteralmente ridicolo. L’artista in tenuta militare col fez, non nasconde la carica di «odio» che il personaggio si è meritato con le sue nefandezze.

MA INTANTO lega a sé e alla sua narrazione il pubblico, in maniera sempre più stretta. Con i suoi lanci dal palco di oggetti vari, con le farneticazioni nostalgiche di due finti «spettatori» adeguatamente istruiti al ruolo. E con una spettacolare «auto doccia» di miele, che come effetto è quasi più clamorosa delle auto che tanti anni fa sfasciava con veemenza, e conseguenti fracassi. Perché il messaggio vero e profondo che Leo Bassi vuole comunicare è oggi la necessità, letterale , della «dolcezza». Ovvero di non farsi condizionare dalla vampata di odio che attraversa il nostro paese, e senza rinunciare alla fermezza morale e politica, non ci si lasci contaminare dagli orrori che la destra va seminando. Un sapore innegabile di «sardine», la cui vitalità si fa, con Leo Bassi, davvero irresistibile.