L’attuale diffusione del coronavirus in tutta l’area del Sahel, insieme alla crisi umanitaria, rischia di diventare «ingestibile» con oltre cinque milioni di persone che affrontano una grave insicurezza alimentare, ha avvertito il World Food Program in un appello ufficiale lanciato a Dakar lo scorso sabato.

«Nel 2014-2016 l’epidemia di ebola (oltre 11mila morti) ha illustrato l’importanza cruciale dell’aiuto alimentare nella lotta contro la diffusione della malattia – sottolinea il Wfp nel comunicato – perché i programmi nutrizionali rivolti alle persone con sistema immunitario indebolito, come i malati cronici e gli anziani, riducono la vulnerabilità alle infezioni».

Nel suo rapporto l’agenzia delle Nazioni unite indica come la situazione nel Sahel centrale (Burkina Faso, Mali e Niger) sia preoccupante vista anche la concomitanza della diffusione del virus con il «periodo magro», tra la fine delle riserve del raccolto precedente e i nuovi raccolti.

Secondo le stime del Wfp nel Burkina Faso, il paese che ha subito il maggior numero di decessi a causa di Covid-19 nell’Africa sub-sahariana (288 casi e 16 decessi), il numero di persone che soffrono di insicurezza alimentare dovrebbe triplicare da poco più di 680mila a due milioni, a cui si aggiungono altri due milioni di persone in Niger (144 casi e cinque decessi) e oltre 1,5 milioni in Mali (41 casi e tre decessi).

Numeri di contagi e decessi che risultano ancora bassi «a causa anche dei pochi tamponi fatti e della mancanza di rilevazione in numerose aree fuori dal controllo dei diversi governi – afferma l’Organizzazione mondiale della Sanità – anche se si rileva un aumento comunque inarrestabile della pandemia di Covid-19 in una regione in cui i sistemi sanitari sono i più deboli al mondo».

L’espansione della pandemia complica ulteriormente la situazione vista la diminuzione degli interventi da parte delle organizzazioni non governative impegnate sul territorio (a causa del confinamento e della quarantena), la carenza di medici nelle aree fuori dal controllo governativo e il progressivo aumento degli attacchi delle formazioni jihadiste in questi ultimi mesi.

«Abbiamo bisogno urgentemente di oltre 200 milioni di dollari in finanziamenti per i prossimi sei mesi – ha dichiarato Chris Nikoi, direttore regionale del Wfp per l’Africa occidentale – Le persone si trovano già in una situazione terribile e attualmente siamo rimasti l’unica speranza per gli sfollati».

L’agenzia ricorda, infatti, che i suoi aiuti alimentari e nutrizionali costituiscono l’unica risorsa per i milioni di rifugiati nella regione.

«L’aumento dei conflitti armati, il deterioramento della sicurezza con attacchi jihadisti contro civili e infrastrutture, la povertà diffusa e l’impatto dei cambiamenti climatici, oltre ad aver causato massicce migrazioni in Burkina Faso, Mali e Niger – continua il comunicato – hanno portato a una progressiva diminuzione della presenza di operatori umanitari».

«Stiamo mettendo in atto tutte le misure per ridurre il rischio di infezione da coronavirus per beneficiari, partner e personale – ha concluso Nikoi – e dobbiamo continuare a essere presenti nel Sahel perché se distogliamo lo sguardo adesso, le conseguenze saranno a dir poco catastrofiche».