In fondo era previsto. Si sapeva che i 135 voti ottenuti la settimana scorsa e insufficienti ad approvare il disegno di legge con urgenza, sarebbero bastati, lunedì, a dare a Viktor Orbán pieni poteri con procedura ordinaria. Ora l’uomo forte d’Ungheria può governare per decreti e stabilire la durata dello stato d’emergenza. Quanti non si collocano entro l’orizzonte politico disegnato dall’attuale governo di Budapest vivono con inquietudine questa situazione e si chiedono a cosa andrà incontro il paese. Per il leader socialista Bertalan Tóth (Mszp) ormai il sistema si è mostrato per quello che è: una «dittatura» ha detto, una «dittatura senza maschera» che evidentemente non ha più alcuna remora ed esce allo scoperto dando una dimostrazione ancora più chiara del fatto di considerare l’Ungheria una cosa sua, una sua proprietà. Non che ci fossero molti dubbi, su questo, prima del voto di lunedì, ma la parte di paese che vorrebbe uscire dall’incubo dell’orbanismo vede in questo accadimento un nuovo passo avanti verso la demolizione dei residui spazi di libertà.

UN EPISODIO che ai critici appare come un’opera di vandalismo politico attuata senza freni inibitori, cogliendo lo spunto dell’emergenza sanitaria dovuta al Covid 19 che vede le autorità del paese dichiarare 492 casi di infezione, 16 decessi, 61 quarantene e 37 guarigioni. «La crisi in atto non giustifica il ricorso a questi mezzi estremi» secondo i critici, che riprendono quanto già detto oltre una settimana fa dalla commissaria del Consiglio d’Europa per i diritti umani, Dunja Mijatovic, secondo la quale anche in situazioni come quella che stiamo vivendo devono essere garantiti il lavoro del Parlamento e la libertà d’informazione.

LE OPINIONI su quanto avvenuto, quelle di chi è contro, circolano in rete, fanno il giro dei social ed esprimono amaramente la certezza di essere nel baratro. «Da oggi l’esistenza di una dittatura in Ungheria è un fatto ufficiale» si legge in un post, e ancora: «con il pretesto del bisogno di sicurezza espresso a causa del virus, la maggioranza in Parlamento ha votato contro la libertà, così adesso non ci sono più né libertà né sicurezza».

Considerazioni tristi di chi, conoscendo ormai Orbán, non si meraviglia troppo dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni. Del resto il premier ha sempre sfruttato eventi critici per trarne vantaggi politici, strumentalizzarli e metterli al centro di una propaganda ossessiva, martellante, come nel caso della questione migranti. Tutto ciò fa ripetere ai rassegnati che «puoi anche impegnarti, credere in qualcosa, cercare di opporti col voto a un sistema di governo che non ti piace, ma alla fine chi è al potere fa quello che vuole in barba alle aspirazioni popolari». Il momento è critico e teso e non sono pochi quelli che vedono il paese nel bel mezzo di una notte buia, forse tra le più buie degli ultimi anni. La rassegnazione da una parte, dall’altra la reazione di chi non accetta simili provvedimenti e afferma che «l’opposizione deve reagire con forza al voto di lunedì scorso che rappresenta un nuovo passo avanti nella distruzione della democrazia». E ancora: «Ci vuole un’azione congiunta da parte dei soggetti politici opposti al sistema». In altre parole, i sostenitori degli avversari politici di Orbán auspicano che si stabilisca un saldo rapporto di cooperazione tra le opposizioni, come alle amministrative dello scorso autunno che hanno portato a una sconfitta del partito governativo.

C’È CHI SPERA in una compattazione delle forze democratiche e nella nascita, da esse, di un soggetto che potrebbe chiamarsi «Consiglio per il Rinnovamento Democratico dell’Ungheria» che reagisca e sparga i semi di un futuro cambiamento. Ora però la situazione è complicata e i commenti in sede politica sono duri: se Tóth parlava di dittatura senza maschera, per i vertici di Jobbik quello che è avvenuto è un «colpo di stato».

SUL SITO DELL’MSZP si legge che l’opposizione sosteneva il principio della durata limitata di questi provvedimenti speciali, limitata ma eventualmente estensibile. Párbeszéd (Dialogo per l’Ungheria), altro partito di opposizione, afferma che nessun governo europeo ha chiesto o ricevuto pieni poteri in questo modo. Sono di nuovo i socialisti ad affermare, sul loro sito, che secondo l’istituto di sondaggi Nézpont, il 40% degli ungheresi sostiene il criterio della durata limitata di questi poteri indicando fine giugno come scadenza. Ma tant’è…