Un colpo di pistola è la soluzione finale di due film presentati in anteprima al Bif&st (Bari International Film Festival 27 aprile 4 maggio) che ritagliamo dal sontuoso programma. Il colpo di pistola, gesto cinematografico estremo in questi due casi è certamente simbolico della violenza espressa nei racconti: due scenari del tutto diversi ma uniti dall’appartenenza comune alla polveriera Europa: Sons of Denmark di Ulaa Salim, l’attualità del neonazismo, The Whitness di Mitko Panov a più di tre decenni dalla fine del conflitto nella ex Jugoslavia mostra la complicità dei testimoni dei crimini contro l’umanità come terreno fertile per la costruzione del potere negli anni successivi. Bruno Ganz anima del film (farà ancora due film prima della sua morte) è il protagonista, il Generale Radin che per difendere il suo popolo, con strategia militare si isola per ché sa che la sua testimonianza sarebbe pericolosa per tutti (« e mostra come mantenersi integri in tempi dove non c’è umanità» dice il regista).

In Sons of Denmark la tensione è alta dopo gli attentati a Copenhagen e in vista delle elezioni che vedono come probabile vincitore il nazionalista di estrema destra (pronuncia parole dette veramente da un politico danese), un ragazzo di famiglia immigrata irachena è coinvolto in un’azione terroristica, e tutta l’azione si svilupperà in un crescendo di furia razzista. «Da quindici anni, dice il regista, si parla di «noi» e «loro», io ho cercato di raccontare un solo popolo unito dall’istinto umano, accomunato da emozioni, dubbi e paure. Penso che in questi ultimi quindici anni si sia perso il significato delle parole: con il mio film ho voluto rappresentare il significato della parola «odio».

Quando Ulaa Salim, qui al suo esordio, ha iniziato a scrivere la sceneggiatura di «Figli di Danimarca» era ancora alla scuola di cinema e gli dicevano che si trattava di un intreccio non adatto al cinema europeo, due anni dopo che le cose non stavano così, ma l’anno scorso che «forse era troppo vicino alla realtà».

Nel film si racconta il neonazismo in azione in Europa. Interprete nella parte del poliziotto infiltrato che attraversa una fase di profonda trasformazione, di dubbi, in conflitto tra due radici («come me, dice, che sono di padre egiziano e madre danese»)è un famoso rapper, Zaki Youssef musicista, attore e sceneggiatore.