Si sgretola il mondo dello sport duro e puro, e in particolare il calcio, che in tanti considerano un mondo macho fatto di muscoli e durezza d’animo. Si sgretola innanzi a quella purezza, che non riconosce la presenza di atleti gay nello sport di alto livello e ogni volta che vi è il coming out la vetrina va in frantumi. L’ultimo è stato il calciatore tedesco Hitzlsperger, giocatore di classe che ha fatto parte della nazionale tedesca dal 2004 fino al 2010, inoltre ha giocato in varie squadre della Premier League e una breve stagione anche nella Lazio.  Ha appeso le scarpe al chiodo appena quattro mesi fa, Thomas Hitzlsperger detto il martello per la potenza del suo tiro, e ha fatto coming out: “Non mi sono mai vergognato della mia omosessualità, ma in nessun paese dove ho giocato si discute del tema”. Nel 1990 il primo calciatore a dichiararsi gay pubblicamente, quando ancora giocava, fu l’inglese di origini nigeriane Justin Fashanu, che nel 1998 si suicidò.

Mentre a Hitzlsperger arrivano attestati di solidarietà e stima da parte di Niersbach, il presidente della Lega calcio tedesca, che da luglio ha promosso una serie di iniziative sull’omofobia, in casa nostra tutto tace. Qualche anno fa a far sentire la loro voce rassicurante sull’argomento furono l’ex ct della nazionale di calcio Lippi e il calciatore Cassano, preceduti e seguiti da altri, i quali dichiararono che nel calcio italiano non vi sono gay. Tace anche il mondo sportivo ufficiale, rappresentato dai presidenti delle federazioni sportive e dal presidente del Coni Giovanni Malagò. E’ un silenzio che contraddice uno dei principi fondamentali della Carta Olimpica: “Ogni forma di discriminazione nei confronti di un Paese o di una persona per motivi di razza, religione, politica o sesso, o altro è incompatibile con l’appartenenza al Movimento Olimpico”. Nello sport nostrano non ci sono gay, non è necessario avviare alcuna campagna di sensibilizzazione sull’argomento, e gli atleti italiani impegnati nelle olimpiadi di Sochi, non hanno alcuna necessità di esprimere considerazioni in merito alla persecuzione di cui sono oggetto i gay in Russia, a seguito di una legge sull’omofobia approvata dalla Duma a giugno del 2013, sembra questo il ragionamento che prevale ai vertici dello sport.

Non si sono fatti attendere e hanno fatto sentire la loro voce, atleti di alto livello agonistico come il pattinatore neozelandese di short track, Blacke Skjellerup, omosessuale dichiarato, che ha affermato: “Io gareggerò con una spilla arcobaleno. Se verrò punito, accetterò la sanzione, ma sarà colpa loro”. Anche lo sciatore statunitense Bode Miller, vincitore di cinque medaglie olimpiche, ha affermato: “Penso che sia assolutamente vergognoso che ci siano paesi e persone che siano tanto intolleranti e tanto ignoranti”. A spostare l’attenzione dalla Russia di Putin agli Stati Uniti è Elana Meyers, medaglia di bronzo nel bob alle ultime olimpiadi invernali di Vanvouver 2010: “Anche noi abbiamo problemi nel garantire i diritti della nostra comunità gay, lesbica e transgender. Un terzo dei nostri Stati non ha leggi contro la discriminazione delle persone omosessuali e transessuali. Dovremmo concentrarci sul nostro Paese per quanto riguarda le questioni gay, transgender e lesbiche”.

In Italia per spezzare la cortina di silenzio sull’argomento, stesa dalla stampa sportiva e tv, nei prossimi giorni partirà una campagna di denuncia promossa dal circuito delle palestre popolari e da Sportallarovescia. La campagna NoDiSex (No alla discriminazione sessuale), prenderà il via il 23 febbraio a Bologna, dove presso la palestra popolare TPO, via Casarini 17, si svolgerà un convegno sul tema Sport e Omofobia, che sarà trasmesso in diretta streaming (www.sportallarovescia.it). Coloro che non potranno partecipare di persona al convegno di Bologna avranno la possibilità di intervenire nel corso del dibattito, prenotandosi via mail qualche giorno prima, o potranno porre domande agli esperti, tra i quali saranno presenti una sociologa transessuale, Mauro Valeri dell’Osservatorio antirazzista e Ivan Grozny di Sport alla rovescia.

Al convegno di Bologna farà seguito un meeting di gare sportive gayfriendly.  Due mondi, quello dello sport ufficiale e quello dello sport di base, che rischiano di andare per strade diverse, il primo è immerso nel silenzio assoluto, in nome della considerazione “ non ci sono atleti italiani che hanno fatto coming out, perciò il problma non ci riguarda”, il secondo pungola e chiede a Giovanni Malagò di battere un colpo sulla questione dei diritti e delle discriminazioni sessuali: ”Insieme a Sportallarovescia- dichiara il sociologo Mauro Valeri promotore della campagna NoDiSex -abbiamo chiesto al CONI  e alle federazioni sportive invernali  di inserire espressamente la discriminazione per orientamento sessuale all’interno del proprio Statuto, anche a tutela degli atleti italiani, ai quali, invece chiediamo di dichiarare apertamente la propria contrarietà a qualsiasi forma di discriminazione per orientamento sessuale, così come ribadito dalla Carta Olimpica.

Infine, ai giornalisti chiediamo che, nei giorni dei Giochi invernali, vengano ricordate le storie di atleti e atlete omosessuali che sono riusciti a imporsi anche in campo sportivo, nonostante le discriminazioni e i pregiudizi. A tutti coloro che credono che lo sport sia tale solo se è contro ogni discriminazione, chiediamo di aderire alla campagna NoDiSex”. Il convegno di Bologna su sport e omofobia, la campagna contro le discriminazioni sessuali e il meeting sportivo che seguirà durante i giochi invernali di Sochi, sono promosse da organizzazioni che si pongono al di fuori del mondo Gltb. Un tema che per la prima volta in Italia viene posto e dibattuto pubblicamente da società sportive attivamente impegnate sui temi della discriminazione razziale, una battaglia strettamente legata a quella delle discriminazioni sessuali. L’iniziativa coraggiosa di Bologna promossa da Sportallarovescia e dalle palestre popolari, rappresenta il primo passo di denuncia su un tema, in Italia tenuto sempre sotto silenzio, che squarcia il velo dell’ipocrisia del mondo sportivo ufficiale, e al tempo stesso rappresenta un invito al mondo Gltb ad affrontare e discutere i temi della discriminazione sessuale anche nel mondo dello sport italiano, come fanno numerose organizzazioni Gltb all’estero.