In occasione del 60esimo anniversario della firma dei Trattati di Roma, domani i capi di stato dei Paesi dell’Unione europea saranno a Roma per celebrare la nascita dell’Unione europea. Sarà un’autocelebrazione, perché da festeggiare, in questa Europa, c’è ben poco.

La Ue sta affrontando la questione migratoria in maniera isterica e reazionaria: frontiere chiuse, accordi con regimi totalitari per il rimpatrio dei migranti, regole liberticide sul diritto d’asilo (riforma del regolamento di Dublino) e, in generale, un approccio che considera i fenomeni migratori un mero problema di ordine pubblico. Gli effetti di queste politiche si ripercuotono sui corpi e sulle anime dei più disperati che, pensando di aver già pagato il conto col destino dopo una vita tra fame e guerra, un viaggio tra trafficanti, torture e rischio di naufragi, si trovano davanti a un rifiuto totale, alla negazione di qualsiasi possibilità di convivenza. Nel peggiore dei casi, quello che li aspetta è la detenzione in vere e proprie carceri e poi il rimpatrio.

Maslah aveva 19 anni e mercoledì scorso ha deciso di togliersi la vita a Pomezia, vicino al centro di accoglienza speciale (Cas) a cui era stato assegnato dopo essere stato riportato in Italia dal Belgio, dove vive la sorella. Aveva provato a vivere una vita lontano dalle violenze e dalla fame della Somalia ma l’Unione europea ha deciso che forse – forse – avrebbe potuto avere una vita, ma solo in Italia, perché qui hanno preso le sue impronte.

Alle politiche comunitarie si aggiungono quelle sciagurate nazionali che, con il decreto legge firmato dai ministri Minniti e Orlando, stanno facendo ripiombare l’Italia al Medioevo dei diritti umani. Il doppio pacchetto va a colpire le persone più fragili della società sferrando, di fatto, una guerra ai poveri anziché alla povertà, andando a perseguire i migranti invece di creare un’accoglienza degna che porti ad una e vera convivenza.

«Il futuro è qui e comincia adesso», diceva una canzone scritta nel 2000. Il futuro è diventato presente e sta a noi, qui e ora, contrastare le follie xenofobe e nazionaliste che stanno già pervadendo le istituzioni.
Per questo, per Maslah, per tutti quelli che sono qui e per chi deve ancora arrivare, sabato mattina alle 11 partiremo in corteo da Piazza Vittorio: vogliamo un’Europa dove ci si possa muovere liberamente, un’Europa che sia aperta a tutti.

Marceremo insieme ai migranti ancora esclusi dall’accoglienza istituzionale, ai «dublinati» rimandati in Italia, a chi è qui solo in transito, diretto verso Nord, a chi si scontra ogni giorno con le inefficienze burocratiche delle questure e ai tempi biblici per la richiesta d’asilo.

Saremo in piazza per gridare, ancora una volta, che vogliamo e possiamo realizzare un’Europa diversa che parta dalla valorizzazione di territori inclusivi e solidali.