Qualcosa, o meglio qualcuno: in molti, cominciano a muoversi per contrastare la narrazione xenofoba e sovranista delle nuove destre, nazionali ed europee. La manifestazione di Milano, con la sua presenza plurale di associazioni, Ong, pezzi di ceto politico e, soprattutto dal punto di vista simbolico, il presidio permanente a Catania attorno alla vicenda della Diciotti, rappresentano le polarità complementari, una a Nord una a Sud.

Una sul tema accoglienza e diritti umani, l’altra contro i nuovi sovranismi antieuropei, di un movimento che si sta coagulando attorno a questi due aspetti, che in realtà sono facce solidali di un unico disegno eversivo.

Riconfigurare l’Europa ad immagine e somiglianza di quelli che potremmo chiamare i nuovi «nazionalismi del particulare», come diceva Francesco Guicciardini nei Ricordi, pubblicati nel 1576. È utile richiamare questo concetto perché rappresenta l’essenza politica, ma anche culturale ed economica, degli esponenti di governo e dei loro sodali a livello continentale e statunitense.

Ebbene il Guicciardini, nei suoi consigli per una buona gestione delle cose pubbliche e private, che non a caso vengono viste come strettamente correlate, parte dal concetto di «discrezione»: l’intelligente critica che cerca le ragioni fondative dei fatti e ne segue lo sviluppo senza schematismi ideologici. Un pensiero decisamente liberal e antidogmatico per l’epoca, di grande visione se pensiamo a una Rinascenza in perenne tensione con l’oscurantismo inquisitorio clericale.

Per questo contemporaneo di Macchiavelli la «discrezione» consiste dunque in un «buono e perspicace occhio» che va educato a vedere le cose con obbiettività.

Ma, e qui sta la sua decisa attualità, se tutto questo porta a una incapacità di pensare, e pensarsi, all’interno di scenari che vadano al di là della contingenza immediata, essa degenera verso l’incapacità di inserire il proprio progetto individuale all’interno di un’idea di bene generale. Ecco che allora tutto scade nell’idea di «particulare», ovvero il trionfo dell’interesse individuale contro quello della collettività. Ebbene possiamo ben dire che questo è il processo fondante dell’attuale compagine politica al governo, che parte da un’analisi, seppur rozza e schematica, di problemi reali: flussi migratori fuori controllo, impianto economico europeo monetarista, eurocrazia senza democrazia, ma non li traguarda verso il loro orizzonte più ampio, né tantomeno ne analizza a dovere le cause, arrivando così a sviluppare la narrazione di quel «sovranismo del particulare» che implica chiusura identitaria, uscita dalla moneta unica, economie tendenti al protezionismo autarchico, con tutto il corteo liberticida che l’ognuno per sé e dio per tutti comporta. Ma lo stesso problema, la stessa deriva, rischia di investire il nascente movimento di opposizione se non si fanno i conti, sino in fondo e all’interno di un orizzonte vasto, con gli stessi problemi.

In altre parole, per fare un unico esempio, da quanto tempo la politica estera, intesa non solo come analisi delle dinamiche internazionali, ma delle conseguenti alleanze da tessere e consolidare a livello europeo e internazionale, non tiene banco nel dibattito delle sinistre, o di un fronte ancora più ampio, diremmo di salvezza democratica?

È veramente possibile capire i flussi migratori dall’Eritrea senza analizzare in profondità le dinamiche del Corno d’Africa, il land grabbing da parte delle multinazionali dell’agro business o, recentemente, gli accordi di pace tra Etiopia ed Eritrea nei quali si dice che i rifugiati di questo Paese devono tornare in patria, dunque a morte sicura?

Tra pochi giorni si comincerà a discutere il documento di programmazione triennale per le politiche di cooperazione allo sviluppo, cioè di quegli interventi che il nostro Paese dovrebbe attivare per cercare, ovviamente insieme gli altri partners europei e internazionali, di affrontare le questioni della povertà, delle diseguaglianze, dei cambiamenti climatici, ma anche della democrazia economica e politica, nel Continente africano.

Visto che si parla tanto di una alleanza strategica con Macron, come faremo i conti col fatto che la Francia, attraverso il Cfa, la moneta della Comunità Finanziaria Africana legata all’euro, drena dalle sue ex colonie una gran parte del budget statale e ne condiziona pesantemente l’economia?

E dunque, accanto alla mobilitazione nazionale, bisogna da subito organizzare momenti in cui si coltiva la «discrezione» guicciardiniana, lo sguardo perspicuo che allarga gli orizzonti delle re-esistenze travalicando il «particulare» delle destre per aprire il compasso mentale di ogni suo partecipante, un movimento che includa le differenze, che abbatta le diseguaglianze, che offra un futuro a tutti contro un sistema che soffoca in se stesso.