Centomila persone. Tante, domenica, ne sono scese in piazza a Kiev. Il colpo d’occhio ha portato qualcuno a parlare di una nuova, possibile «rivoluzione arancione», alludendo alle dimostrazioni che tra il 2004 e il 2005 portarono al potere il blocco politico capitanato da Viktor Yushchenko e Yulia Tymoshenko. Il primo fu eletto capo dello stato. La seconda divenne primo ministro.

Bisogna però accantonare le facili suggestioni. Primo: la coalizione arancione, spaccatasi presto a causa dei contrasti tra Yushchenko e la Tymoshenko, non è resuscitabile. Secondo: «la pasionaria di Kiev» è in carcere dal 2011 – secondo i giudici ha danneggiato le casse dello stato firmando con i russi accordi troppo onerosi sul gas – e non può tuffarsi nella mischia. Terzo: sul tavolo, diversamente da dieci anni fa, non c’è l’ipotesi di regime change. Chi è sceso in piazza non ha cercato la spallata al governo, saldamente nelle mani di Yanukovich (eletto presidente nel 2010) e del suo Partito delle Regioni, che controlla il Parlamento. La protesta, che ieri è proseguita, seppure in tono minore, facendo registrare scontri tra manifestanti e polizia, s’è rivolta contro una precisa scelta dell’esecutivo: quella di rifiutare gli Accordi di stabilizzazione e associazione con l’Ue.

La firma dell’intesa, robusto pacchetto di incentivi economico-commerciali, avrebbe dovuto rappresentare il fiore all’occhiello dell’imminente vertice della Eastern Partnership, iniziativa europea che punta a ridare slancio al dialogo con i paesi ex sovietici e a limitare al tempo stesso l’influenza di Mosca nella regione. Il no ucraino, accoppiato al rifiuto opposto alla scarcerazione della Tymoshenko, condizione che l’Ue aveva vincolato alla firma degli accordi, trasforma il vertice – si tiene a Vilnius giovedì e venerdì – in un appuntamento svuotato di larga parte del suo significato. Ma perché Yanukovich, che in questi mesi aveva dato l’impressione di essere pronto a spostare il baricentro verso l’Ue, ha cambiato in extremis idea, annunciando il rilancio delle relazioni con Mosca? S’è detto, nelle ultime ore, che il presidente ucraino ha ceduto ai ricatti del Cremlino, che aveva minacciato blocco delle forniture energetiche e rappresaglie doganali, tra l’altro già sperimentate in agosto sui prodotti dolciari. S’è detto che, davanti al bivio, Yanukovich ha anteposto il rapporto con il Cremlino a quello con Bruxelles. In realtà l’impressione è che il presidente ucraino, più che scegliere tra Europa e Russia, stia cercando di non scegliere: né l’una e né l’altra. Ha detto no agli accordi con Bruxelles e alla liberazione della Tymoshenko, l’unica avversaria che potrebbe impensierirlo alle presidenziali del 2015 (anche se una buona parte degli ucraini non riesce a vedere in lei una martire politica). Ma ha precisato che il negoziato con l’Ue resta aperto.

Parallelamente, il riavvicinamento con la Russia non è all’insegna della totale sudditanza. Congelando le trattative con l’Ue, Yanukovich ha sì ridato ai russi spazio di manovra, ma ha incassato due importanti risultati. Presto dovrebbe ottenere l’alleggerimento della bolletta energetica, più volte chiesta a Mosca. Al tempo stesso ha schivato il diktat espresso fino a ieri dal Cremlino: sconto sul gas, ma solo in cambio dell’adesione di Kiev all’Unione doganale tra Russia, Kazakhstan e Bielorussia (l’Armenia dovrebbe aggiungersi a febbraio). L’Ucraina ha infatti ottenuto di partecipare ai lavori, al momento, solo come osservatrice.

Volendo sintetizzare, Yanukovich sta portando avanti una politica dei due forni. Ha evitato il contatto troppo diretto con l’Ue, tranquillizzando Mosca e tenendo a freno gli appetiti di quest’ultima, dando teoricamente modo a Bruxelles di giocare un’altra mano.

Intanto, sullo sfondo, c’è un’altra battaglia. Il Fondo monetario internazionale offre aiuti all’Ucraina, dissestata dal punto di vista economico e finanziario. Li lega però a impegnative riforme, con costi sociali non indifferenti. Secondo il governo di Kiev, sono proprio queste richieste, giudicate eccessive, la causa della mancata ratifica degli accordi con l’Ue. Che intanto di recente ha ricevuto dai cinesi fior di finanziamenti. Yanukovich ha invitato al tavolo un altro giocatore e vuole prolungare la partita, è evidente.