Pablo Iglesias ha vinto, Íñigo Errejón ha perso e gli anticapitalisti hanno ottenuto un’insperata vittoria di consolazione. Nonostante i timori, i risultati della mobilitazione di più di 150mila iscritti di Podemos non potevano essere più chiari: più della metà dei viola appoggia chiaramente il segretario Pablo Iglesias, solo poco più di un terzo appoggia Íñigo Errejón, quasi il 15% dei voti sono andati agli anticapitalisti, e meno del 5% a una quarta lista.

A PARTE LA SEGRETERIA generale, per la quale oltre a Iglesias concorreva un candidato poco conosciuto (che ha ottenuto solo il 10% dei voti), la vera partita si giocava sui documenti politici e sul Consiglio Cittadino, il mini-parlamento interno che dovrà decidere la politica del partito ed eleggere la Direzione, l’organo esecutivo.
Il documento politico, il documento organizzativo e il documento etico della lista Podemos para todas, quella di Iglesias, sono stati approvati con percentuali che oscillano fra il 53 e il 56% dei voti, il documento sull’uguaglianza, in cui Iglesias presentava un documento congiunto con gli anticapitalisti, ha ottenuto il 62% dei voti. La lista Recuperar la ilusión capeggiata da Errejón non è riuscita nel suo obiettivo di poter controllare almeno in parte la linea politica: i suoi documenti non hanno superato in nessun caso il 36% delle preferenze.

MA LA VOTAZIONE più delicata era quella per il consiglio cittadino. I 62 nuovi membri del Consiglio sono stati eletti con un sistema di voto ponderato ideato dal fisico Pablo Echenique, finora segretario organizzativo di Podemos, che deriva dal cosiddetto metodo Borda che è stato approvato da tutte le componenti del partito a dicembre. Il sistema permette di scegliere l’ordine con cui si votano i candidati in liste aperte, ed è molto simile a quello con cui si vota per Eurovisión: al primo in lista si danno 80 punti, al secondo 79, al terzo 78, fino all’ultimo (il numero 62) che ottiene 18 punti.

Fatti i conti, Iglesias ha ricevuto 8 milioni di punti, seguito da Echenique, con 6. Errejón, che nell’ultimo Vistalegre era nella stessa lista di Iglesias, ne ha ottenuti solo 5,8. La prima donna è al quarto posto, con 5,4 milioni di punti: la parlamentare Irene Montero, numero due della lista di Iglesias. Rita Mestre, portavoce del comune di Madrid e seconda di Errejón, è l’ottava. Risultato finale: Podemos para todas ottiene 37 rappresentanti, Recuperar la ilusión 23, ed entrano per la prima volta gli anticapitalisti di Podemos en movimiento con 2 rappresentanti, uno dei quali l’eurodeputato Miguel Urbán.

LE DONNE SONO 32 e gli uomini 30. A questi nomi, si aggiungono di diritto il segretario generale (che infatti dovrà lasciare il suo posto al primo dei non eletti), i 17 segretari in tutte le comunità autonome e 4 rappresentanti dei circoli e uno per i residenti all’estero. Potrebbe esserci qualche piccolo aggiustamento perché oltre a Iglesias probabilmente si dimetteranno altre persone, per cui potrebbe entrare un terzo esponente degli anticapitalisti. Nel consiglio, fra gli altri, siedono anche un ex militare, Julio Rodríguez, e un attore, Pepe Viyuela.

LA SFIDA che ha davanti un Podemos rinnovato è quella di ricucire le ferite: durante la due giorni viola, i 10mila presenti non hanno mai smesso di gridare «unità, unità» ogni volta che parlava uno dei leader. Iglesias è stato inusualmente cauto ed ecumenico sul futuro politico di Errejón, che certamente non sarà più segretario politico (e che è ancora portavoce in parlamento): «decideremo con gli altri compagni», ha detto. Lo ha anche ribadito domenica: «Podemos non è una forza politica di uno o due, c’è bisogno di un coro, di un’orchestra» ha esclamato fra gli applausi. E ha concesso: «Credo che Íñigo deve stare in prima fila, è uno dei politici più brillanti del nostro paese». Errejón non ha ancora presentato le sue dimissioni, come aveva promesso, e per ora nessuno gliele ha chieste.