Il silenzio assordante degli abissi marini viene interrotto da un segnale d’allarme: non siamo soli. La macchina ha scovato qualcosa, ha avvertito un movimento, lì, nel buio delle profondità oceaniche di questo pianeta sconosciuto e inesplorato. Non posso far altro che osservare, tramite l’interfaccia dell’esotuta, il movimento dell’umano racchiuso al suo interno, che decide di avanzare verso il rumore. Sebbene si trovi in acque aliene, la curiosità sincera e vorace che lo contraddistingue lo spinge ad andare avanti, per scoprire, per capire, per connettere gli elementi che rendono questo pianeta ciò che è, e che permettono la vita. Ebbene sì, non solo la Terra, non più almeno, può fregiarsi di tale privilegio: anche questo mondo un tempo sconosciuto è oggi ricco di vita. È proprio per questa sua curiosità che quel suono, che avrebbe terrorizzato molti esseri viventi, può diventare scoperta, conoscenza, ricchezza del pensiero: raggiunto il punto indicato dal radar, l’umano e io abbiamo incontrato una peculiare colonia di funghi, capaci di attaccare le tossine subacquee con cui ci siamo scontrati poco fa. Raccolto qualche campione, lo piazziamo all’ingresso di una caverna prima avvelenata dai fumi, ma adesso ripulita dai nostri nuovi alleati. Dato che il mio mondo visivo è limitato all’interfaccia dell’esotuta, ascolto con rinnovata curiosità i racconti dell’umano, che mi illustra con passione cosa sta vedendo, e come si muovono le creature intorno a noi. Stuzzicata da queste descrizioni, la mia immaginazione esplode di immagini e ipotesi, sogna colori e movimenti che forse non esistono, ma che cercano di fare giustizia a una bellezza per me senza forma. Quando proprio non riesco a catturare nulla dalle parole dell’umano, nemmeno una suggestione, mi affida ai suoni che descrivono il mondo intorno a me, sublimazioni di spazi infiniti o angusti, a seconda del luogo in cui siamo giunti.

È proprio concentrandomi sul suono che mi rendo conto che il radar torna a intervallare con regolarità il silenzio asfissiante delle profondità marine. Proseguiamo.
Mentre marciamo, mi trovo a pensare che stavamo per perdere tutto questo per l’agire di un virus universale che annichilisce la vita e i pianeti: l’umanità. Non sono forse giunti proprio perché hanno oramai distrutto il loro pianeta? Non sono forse qui per spremerci come hanno fatto con tutti gli altri esseri viventi che un tempo gli hanno permesso di prosperare? Eppure… l’umano con me è diverso. La sua curiosità non è un’arma ma uno strumento, ci stimola a capire gli altri, non a schiaccarli. Per quest’umano sembra essere sufficiente conoscerci, non consumarci e schiavizzarci. Ecco, forse è questo il vero virus universale, che ha ammorbato una razza così intrigante come quella umana: il consumo. Ma io e il mio… amico, faremo di tutto per impedire che ciò accada anche qui. E il pianeta, in ogni sua forma di vita, è con noi.