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In mostra quello stile del ‘900

In mostra quello stile del ‘900"Estate", Dudovich, 1934

Mostra La Rinascente 100 anni (1917-2017) a Palazzo Reale di Milano fino al 24 settembre, la storia, l'impatto innovativo, l'affermazione del made in Italy

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 3 giugno 2017

Nessuno meglio di Octave Mouret, il protagonista di Al Paradiso delle signore di Emile Zola, strepitoso archetipo dell’immaginario commerciale, incarna lo spirito del grande magazzino quando, nel finale del romanzo, guarda dall’alto dello scalone l’immensa navata dove al momento della chiusura sciama il popolo di donne sedotto dallo scintillio delle merci : “La calca si stava fendendo là dove in più punti si formavano colonne di gente avviata alle uscite; la febbre di questa grande giornata di vendita stava passando come passa una vertigine… la clientela, spogliata, quasi violata, andava via mezza sfatta, con la voluttà sazia e la sorda vergogna di un desiderio appagato… Da quel che lui aveva creato, era sorta una nuova religione; alle chiese disertate dalla fede intiepidita aveva sostituito quel bazar sempre affollato”.

Se il libro celebra il punto d’arrivo, quasi l’apoteosi, di un nuovo modo di distribuire e vendere le merci, in Italia la nascita della Rinascente ha origini lontane. Da quando i fratelli Luigi e Ferdinando Bocconi aprono a Milano nel 1865 in via Santa Redegonda il loro negozio. Dodici anni dopo comprano un albergo e lo trasformano in Alle Città d’Italia. E’ il primo grande magazzino italiano. Il successo dell’impresa li porta a costruire più tardi una nuova sede in piazza del Duomo, che impressiona il pubblico soprattutto la sera con la sfarzosa illuminazione delle sue vetrine. Sull’onda del grande successo ottenuto a Milano, aprono nuove filiali nelle principali città italiane. La sede di Roma è inaugurata con clamore nel 1887 alla presenza del re Umberto I. Sorta nel centralissimo Largo Chigi è un esempio di palazzo industriale destinato al commercio. Il suo pozzo centrale, il motivo rinascimentale delle logge, il predominio del vuoto sul pieno e soprattutto l’uso del metallo, ne fanno una delle migliori opere dell’Ottocento romano. Si può ammirare ancora la sua struttura originale nel film I grandi magazzini che Mario Camerini gira nel 1939 tutto al suo interno, ricostruendone di fantasia la vita in quella specie di universo concentrazionario, con le commesse in divisa di satin nero e colletto bianco, le gerarchie impiegatizie, il fitto pubblico che lo frequentava, e con le storie d’amore e di ripicca, di onestà e di corruzione. Uno dei pochi film italiani che si confronta con la società di massa che si avvia verso l’autarchia.

Già dal 1917 i magazzini però avevano perso il loro fascino, anche perché dopo la morte dei due fratelli Bocconi, nessuno dei loro figli se n’era più curato. Prima del fallimento li acquista Senatore Borletti, un giovane industriale ammiratore di D’Annunzio che proprio al Vate chiede di suggerirgli un nuovo nome. Il poeta, che stava per partire per la Beffa di Buccari, adeguatamente foraggiato con cinquemila lire, inventa “La Rinascente”. “Chiaro, semplice, opportuno”, specifica. La grande guerra è nel suo momento cruciale per l’Italia con la disfatta di Caporetto, ma il nome del nuovo magazzino sembra suggerire ottimisticamente l’idea della rinascita. Ma pochi mesi dopo la sua inaugurazione, la notte di Natale 1918, un incendio distrugge completamente il palazzo Bocconi, sede dei grandi magazzini. Borletti non si demoralizza e dopo il disastro fa ricostruire il nuovo palazzo milanese inaugurato nel marzo 1921 alla presenza del duca d’Aosta. Con il suo portico a colonne di granito rosso lucido, il doppio ordine di logge e loggette, le merci esposte come in una galleria d’arte, appare ai primi visitatori un sorta di giardino delle meraviglie. La mostra, ”La Rinascente 100 anni (1917-2017)” a Palazzo Reale di Milano dal 24 maggio al 24 settembre, rivisita non solo la sua storia, ma testimonia il forte impatto innovativo di cui il grande magazzino è stato portatore, dai modelli di consumo all’affermazione del made in Italy, come dice Maria Canella che assieme a Sandrina Bandera ha curato la mostra. Moda, oggetti di design, arredi, manifesti ideati da grandi artisti come Giò Ponti, Bruno Munari, Vasilij Kandinskij, Mario Ceroli, Marcello Dudovich ne segnano l’interessante percorso. Nel sincretismo delle varie esperienze che concorrono a animare il “laboratorio Rinascente” è suggestiva l’esperienza di Giorgio Armani che, prima di diventare lo stilista di fama internazionale, tra la fine degli anni Cinquanta e inizio Sessanta, ha sperimentato la sua creatività nel grande magazzino milanese coordinando i vari studi di architettura che realizzavano le mostre e ideavano le vetrine. Nello stesso periodo si affermano le settimane a tema sui vari paesi del mondo dall’India alla Gran Bretagna al Giappone e a molti altri, mettendo in vendita abiti, scarpe, oggetti, arredi, prodotti gastronomici in una policroma mescolanza di culture e di consumi.

La moda della Rinascente, un’isola in un mare di piccola vendita, non incontra però alla sua nascita l’entusiasmo della classe medio-alta, tanto che lo stesso D’Annunzio confessa: “Ah, se quello che vedo in certi magazzini costasse molto, come sarei felice di comprarlo!”. A lui fa eco Eleonora Duse: “Ci vado perché, tra tutta la gente che li anima, trovo un po’ d’oblio, e poi ci vado anche per ritrovare la semplice ragazzetta che ero. Come vorrei essere una donna come tante che si accontentano di un abito non necessariamente costoso! Potrei anch’io avere oggi la mia gioia”. Ma è proprio la politica del grande magazzino ispirarsi alla massima del maggior numero di affari attirando il pubblico con i prezzi più bassi. Un principio nuovo che concorda con l’effetto determinato dalla folla dei compratori e dalla massa delle merci in vista. Ci sono poi i prezzi fissi, non più contrattati con il venditore, si possono cambiare gli articoli se arrivati a casa non sono più di proprio gusto. Per far amare il nuovo modo di distribuzione delle merci e per attirare le compratrici si fa complice Dudovich, un triestino estroverso e vivace che con le sue irresistibili figure femminili sigla un’epoca, un modo di vivere idealizzato, uno stile, sottraendoli per sempre all’assalto del tempo. La sua firma coincide per oltre trent’anni con il marchio della Rinascente. Nell’ottantina di manifesti dedicati al paradiso delle signore compare spesso un’unica figura femminile, la protagonista di una sorta di fantasmagorico mondo parallelo in bilico tra simbolo e merce. Nelle Novità di Stagione nasce la primavera e incalza l’estate con il vestito verde gonfiato dal vento. Il volto della donna è quasi interamente nascosto dal grande cappello ma le sue braccia sembrano offrirsi allo sguardo. Sullo sfondo di una striscia di mare azzurro, la donna nel rosso estivo si ripara dal sole con un gesto sinuoso. Radiosa fa lo sci d’acqua. Sfoglia la rivista di moda. Si abbronza al centro di un grande fiore, con la mano si ripara gli occhi dal sole, anche se è in Vacanza non ha nessuna intenzione di perdersi la Vendita Speciale d’Estate. Ma nel Mare Monti Campagna è proprio una venere con i capelli al vento che esce dalla conchiglia tra i vestiti. La donna-rinascente è la bionda fata benefica, circondata dallo sfarfallio dei figurini di moda che distribuisce con entusiasmo. Sta aprendo l’ombrello, ma con l’altra mano si difende dal vento, il vestito è una macchia di colore e di vitalità sullo sfondo dei nuvoloni. Nell’Autunno Inverno è infreddolita ma il cappotto la sta raggiungendo. Si abbraccia al pupazzo di neve in cilindro e stola di pelliccia al collo. Seduta in groppa all’orso bianco, ci guarda lontana con il mantello d’ermellino dai neri bordi di volpe, mentre cadono i primi fiocchi di neve. Queste donne si stagliano sullo sfondo vuoto tra casalinghitudine e mondanità, ci vengono incontro sorridendo, sono tante, tutte uguali e diverse, chissà se sanno di incarnare il come eravamo del costume e della pubblicità, un pezzo della nostra vita e della nostra storia.

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