Sindacati, associazioni, centri sociali, ong, attivisti e operatori. Bologna si prepara a scendere in piazza questo pomeriggio con la «Marcia per l’accoglienza, contro muri e razzismo. #NoOneIsIllegal». Una manifestazione, a differenza di quanto successo a Milano, organizzata dal basso, senza l’appoggio delle istituzioni. E la giunta, rispetto a quanto successo a Milano, ha spiegato di condividere lo spirito dell’evento, ma di non poter esserci perché non è stata coinvolta dall’inizio nella definizione della piattaforma politica e perché non condivide «la richiesta di dissociarsi da una legge dello Stato come quella Minniti-Orlando».

Per intenderci quella, criticata anche da molti giuristi, che ha compresso le possibilità dei migranti di appellarsi contro eventuali no delle commissioni che devono decidere sulle loro richieste di asilo.

Nonostante l’amministrazione abbia deciso di non aderire saranno in tanti a scendere in strada. Tutta Coalizione Civica, Sinistra Italiana, Possibile e i consiglieri comunali di quella parte del Pd più sensibile alle tematiche dell’accoglienza. Ma se a Milano il sindaco Sala aveva marciato in testa al corteo, a Bologna il primo cittadino Virginio Merola non ci sarà. E con lui grande assente sarà il Pd che non si è schierato. E la differenza non è certo da poco, così come balza all’occhio la differenza tra le due piattaforme politiche: inclusiva quella milanese del «20 Maggio senza muri», con dure critiche al governo quella bolognese. A partecipare alla marcia per l’accoglienza, a titolo personale, saranno l’assessore al Bilancio Davide Conte e quello all’economia, il dem Matteo Lepore.

Cosa chiederanno i manifestanti? Una risposta politica, culturale e sociale a razzismo e xenofobia, «a chi vuole un’Europa fatta di nuovi muri e filo spinato, di carceri speciali e hotspot per migranti da respingere e sfruttare», alle campagne elettorali fatte sulla pelle dei migranti e «alle nuove ipocrisie del governo Gentiloni sul tema immigrazione». Bersaglio polemico di chi scenderà in piazza è la legge Minniti-Orlando, «che comporterà lo svuotamento del diritto di asilo e quindi la riduzione delle speranze di costruirsi un futuro migliore per chi arriva in Italia». «Oggi più che mai – è l’appello degli organizzatori – occorre ricordare di restare umani, per non accettare misure come quelle che discriminano ed escludono chi più si trova in difficoltà, considerandolo elemento di “degrado” di cui liberarsi». «Pensiamo che sia il tempo che Bologna, non solo per la sua storia, ma anche per il presente di impegno quotidiano di migliaia di cittadini e associazioni di vario tipo, dimostri con una grande marcia di essere indisponibile al ricatto della paura».

Restano per ora inascoltati gli inviti all’amministrazione comunale, che negli anni ha comunque fatto molto sul versante dell’accoglienza. «Chiediamo – dice Siid Negash del Coordinamento Eritrea Democratica – che il Comune dia vita ad una rete di enti locali pronti a non utilizzare i poteri che il Ministro Minniti ha dato ai sindaci col “Daspo urbano”, strumento ingiusto, pericoloso e razzista».