Non sarà esattamente la «marcia Perugia-Assisi» (quella storica, per la pace) e quello che propongono non sarà proprio il «reddito di cittadinanza» (quello universale e incondizionato), ma quello che ha percorso ieri i venti chilometri che separano il capoluogo umbro dalla città del Santo è senza ombra di dubbio il Movimento 5 Stelle, con i suoi big, con l’apparato simbolico e soprattutto con la consueta capacità di surfare sugli schieramenti, giocando con parole d’ordine, mescolando le culture politiche e maneggiando le proposte concrete.

Negli anni scorsi l’iconografia prevedeva il leader Beppe col saio francescano. L’accostamento non è casuale: sta nelle corde di un Movimento nato ufficialmente il 4 ottobre, giorno appunto di San Francesco d’Assisi. La similitudine oscilla di volta in volta tra la «rivoluzionaria» accettazione della austera povertà, la sintonia con certa ideologia della decrescita e anche l’immagine nazionalpopolare del frate «patrono d’Italia». «La Chiesa ha un suo messaggio evangelico e noi ne abbiamo un nostro», ha detto ieri un Grillo fresco di apertura ai finanziamenti alle scuole paritarie visitando la tomba del Santo.

Quest’anno, però, il comico fondatore appare sul blog come novello Prometeo, perché «il Movimento 5 Stelle che porta il reddito di cittadinanza agli italiani è come Prometeo che porta il fuoco agli umani». Sull’onda dell’entusiasmo e della campagna contro le Ong (ieri il leader ha ricordato con malizia poco francescana «le inchieste della procura»), qualcuno si mette in diretta concorrenza con la piazza antirazzista milanese: «Gli immigrati servono a far soldi, noi invece pensiamo agli italiani».

Tralasciando le declinazioni, diciamo così, autarchiche della via grillina al reddito di cittadinanza, questa marcia dice molto di quello che il M5S intende fare nei mesi che lo separano dalle elezioni, degli spazi che intende sfruttare e delle contraddizioni con le quali si dovrà misurare.

Circolano differenti versioni di quello che i convenuti chiamano «reddito di cittadinanza». Innanzitutto, la proposta di legge formalmente depositata, a firma della senatrice Nunzia Catalfo. Il testo prevede che si possano percepire fino a 780 euro al mese, calcolati su base familiare e al netto di altri redditi. L’importo sarebbe vincolato a una sorta di lavoro socialmente utile di 8 ore settimanali oltre che alla disponibilità a iscriversi ai Centri per l’impiego. Grillo però parla spesso di un’altra misura, descrivendo una specie di bonus contro la povertà estrema.

Davide Casaleggio lungo il cammino umbro aggiunge anche di investire «2 miliardi per i centri per l’impiego che possano far ripartire davvero i consumi». C’è poi la questione della sostenibilità economica. Per un Luigi Di Maio insolitamente casual (tshirt gialla, da non confondere con quella renziana) è sufficiente colpire l’odiata «casta»: «Le coperture? Sono le spese più odiate dagli italiani, sono quelle che noi vogliamo tagliare, come i vitalizi e le auto blu. Vogliamo anche una maggiore tassazione del gioco d’azzardo». Circolano tabelle più articolate ad opera dei gruppi parlamentari. Le voci di bilancio paiono un po’ traballanti.

E poi c’è il reddito di cittadinanza delle prove di governo: i comuni a 5 Stelle. A Roma non se ne parla, e il capogruppo Paolo Ferrara ne approfitta per dare la colpa a Mafia Capitale che si è mangiata le risorse. In una città simbolo della crisi e del conflitto tra benessere e lavoro come Taranto, l’aspirante sindaco 5S Francesco Nevoli ha messo in programma il «reddito di cittadinanza comunale», con una certa cautela e «in via sperimentale». Il modello è quello del sindaco di Livorno Filippo Nogarin, che ha messo a bilancio 300 mila euro per distribuire 500 euro al mese a qualche centinaio di famiglie.

Con gesto sincretico, tra mitologia e religione, Grillo all’arrivo deposita la fiaccola di Prometeo davanti alla basilica di Santa Maria degli Angeli. Attorno a lui ci sono i parlamentari. Che lui si diverte a far sentire precari, ancora una volta con parole che mescolano il sacro al profano: «Siamo tutti provvisori, anche su questa terra. Non c’è niente di sicuro. Si fanno al massimo due mandati»