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In Mali il massacro dell’esercito sostenuto da Wagner

In Mali il massacro dell’esercito sostenuto da WagnerMembri del gruppo Wagner

Africa Nel rapporto di Hrw che accusa i soldati Mariani di aver giustiziato circa 300 civili a Moura, spunta anche il coinvolgimento del gruppo di mercenari russi: testimoni parlano di una loro presenza nell'area e di uccisioni sommarie

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 7 aprile 2022

Le polemiche e i dubbi su numerosi casi di uccisioni indiscriminate di civili continuano a crescere in questi giorni in Mali, dopo che le forze armate maliane (Fama) hanno dichiarato di aver condotto un’operazione nella cittadina di Moura, tra il 23 e il 31 marzo, che ha portato «all’uccisione di 203 jihadisti dei gruppi terroristici armati, all’arresto di 51 persone e al recupero di quantità significative di armi e munizioni».

La versione ufficiale delle Fama è stata contestata dal rapporto presentato questo martedì dall’ong Human Rights Watch (Hrw) che condanna «l’esecuzione sommaria di almeno 300 persone, condotta da soldati maliani insieme a combattenti stranieri bianchi».

Il rapporto di Hrw è frutto delle deposizioni di almeno 30 testimoni presenti a Moura – una cittadina che in questi anni è diventata l’epicentro della violenza delle formazioni jihadiste legate al Gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani (Gsim) e allo Stato Islamico del Gran Sahara (Eigs)– oltre alle versioni fornite da leader delle comunità, diplomatici e operatori umanitari.

Tutti i testimoni riferiscono di un progressivo aumento dal mese di gennaio 2022 di «violenze e uccisioni indiscriminate nei confronti dei civili, condotte da militari maliani insieme a soldati bianchi non di lingua francese» in numerose città del Mali centrale come Sofara, Ségou, Mopti, Diabaly e Belidanédji.

La direttrice di Hrw per il Sahel, Corinne Dufka, durante la presentazione del report, ha affermato che l’episodio di Moura è «la peggiore atrocità segnalata nel conflitto decennale che vede contrapposti il governo di Bamako e i gruppi jihadisti», esortando il governo maliano a «indagare con urgenza e imparzialità».

Il segretario generale delle Nazioni unite, Antonio Guterres, in un rapporto presentato questa settimana al Consiglio di sicurezza sul Mali, ha invitato a rispettare gli «obblighi internazionali» durante le operazioni antiterrorismo.

In Mali «la situazione dei diritti umani è diventata sempre più precaria a causa sia degli attacchi dei gruppi jihadisti, ma anche delle forze armate locali e dei loro partner militari, con la popolazione civile unica vera vittima di questo conflitto» ha affermato Guterres.

Da parte sua il premier maliano Choguel Maiga ha dichiarato alla stampa locale che l’operazione è stata effettuata «con informazioni molto precise relative ad un incontro tra le diverse formazioni jihadiste», visto che Moura è da diversi anni sotto il controllo della Katiba Macina, affiliata allo Gsim, e il mercato locale è «il luogo dove i miliziani vanno regolarmente a predicare e fare rifornimento».

Riguardo al ruolo svolto dai contractor russi – mercenari del gruppo Wagner, secondo tutti i partner occidentali e “istruttori” dell’esercito russo secondo Bamako – Maiga non ha citato nessuna informazione sul loro diretto coinvolgimento, anche se numerose testimonianze di Hrw attestano che «sono stati schierati in gran numero in tutta l’area e utilizzano le stesse modalità di tortura e uccisioni sommarie viste nella Repubblica centrafricana».

La Missione delle Nazioni unite in Mali (Minusma) ha dichiarato di voler condurre un’indagine indipendente «per cercare di stabilire i fatti» ed è in attesa dell’autorizzazione da parte delle autorità centrali.

Sia gli Stati Uniti che l’Unione Europea hanno invitato Bamako «a concedere l’accesso di Minusma a Moura per assicurare i responsabili alla giustizia». «La lotta al terrorismo – ha indicato il capo della diplomazia europea Josep Borrell – non può in alcun modo giustificare massicce violazioni dei diritti umani come sta avvenendo in Mali in questi mesi».

Una preoccupazione espressa anche dalla società civile e da parte delle opposizioni che lamentano «una progressiva contrazione dei diritti e dello spazio civico nel paese», come la decisione da parte del governo di sospendere alcuni media internazionali – le francesi Rfi e France24 in particolare – perché accusati di «diffondere informazioni faziose relative ad un coinvolgimento dell’esercito in abusi contro i civili».

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