Tre soldati francesi sono stati uccisi lunedì da una bomba artigianale nell’area dei «tre confini» nel Mali centrale, dove la forza antiterrorismo francese Barkhane ha concentrato i suoi sforzi militari dallo scorso gennaio. «Il loro mezzo blindato è stato colpito da un ordigno esplosivo mentre partecipavano a un’operazione nella regione di Hombori a ridosso del confine tra Mali, Niger e Burkina Faso» ha dichiarato in un comunicato la presidenza francese, indicando che «l’attentato non è stato ancora rivendicato da nessuna delle fazioni jihadiste presenti nell’area».

SALE COSÌ A 48 il numero dei soldati francesi uccisi nel Sahel dal 2013, tutti impegnati nell’operazione «Serval» e nella successiva «Barkhane», che attualmente vede schierati 5mila militari di Parigi in tutta l’area con operazioni militari congiunte assieme alla missione G5 Sahel (Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger e Ciad).

Il presidente francese Emmanuel Macron ha espresso «grande commozione» e ha salutato la memoria dei tre soldati, ricordando la «determinazione della Francia a continuare la lotta al terrorismo», soprattutto in quest’area dove lo Stato Islamico del Gran Sahara (Eigs), dichiarato nemico numero uno al vertice di Pau nel gennaio 2020, ha effettuato numerosi attacchi in particolare contro obiettivi militari.

IN UN MESSAGGIO di cordoglio, il presidente di transizione maliano Bah Ndaw ha espresso la sua «gratitudine alla nazione francese per l’impegno a fianco del Mali nella lotta al terrorismo». Dopo l’interruzione delle missioni estere a causa del colpo di stato dello scorso 18 agosto, che ha portato alla nomina di un governo di transizione guidato da Moctar Ouane e che vede nei posti chiave numerosi militari (il colonnello Assimi Goita come vice-presidente o più recentemente il colonnello Malick Diaw come presidente del Consiglio nazionale di transizione, de facto il nuovo parlamento), in questi ultimi mesi è aumentato il livello di cooperazione tra i militari maliani e quelli francesi.

Azioni congiunte di contrasto nella lotta contro i due principali gruppi jihadisti nell’area: lo Stato Islamico del Gran Sahara e il gruppo Nusrat al Islam (Jnim), affiliato ad Al-Qaeda, che include numerose formazioni locali jihadiste.

Lo scorso 11 dicembre il capo di stato maggiore dell’esercito francese, il generale François Lecointre, aveva visitato i militari francesi in Mali e in Niger elogiando i «numerosi successi tattici e il miglioramento della situazione della sicurezza nell’area dove le formazioni jihadiste attaccano popolazioni civili e minacciano la stabilità di tutta la regione».

NEGLI ULTIMI MESI l’esercito francese e le forze del G5 Sahel hanno intensificato le proprie azioni con l’uccisione di alcuni figure di spicco dello Jnim, come Abdelmalek Droukdel, leader di Al-Qaeda nel Maghreb (Aqmi). Il gruppo jihadista in un video inviato all’agenzia americana The Site Intelligence, oltre a confermare la morte di Droukdel avvenuta lo scorso giugno in un’operazione militare francese sostenuta dagli Stati uniti, ha annunciato la nomina al suo posto dell’algerino Abou Oubaida Youssef al-Annabi.

Attuale responsabile dei media per il gruppo jihadista e capo del «consiglio dei notabili», il nuovo emiro è un ex del Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento (Gspc), coinvolto in diversi attacchi e attentati in Algeria, dove Al-Annabi è stato condannato a morte in contumacia.

Dal 2017 Aqmi è confluito nel network qaedista del Gruppo di sostegno per l’Islam e i musulmani (Gsim, noto anche come Jnim) guidato dal leader Iyad Ag Ghali, che raggruppa tutte le principali formazioni jihadiste nel Sahel.

IN VISITA IN MALI, Florence Parly, ministra francese delle Forze armate, ha ribadito «l’impegno e il sostegno della Francia a fianco delle forze armate maliane nella lotta al terrorismo e all’estremismo violento». Nella stessa dichiarazione Parly ha annunciato un progressivo disimpegno della missione francese Barkhane a favore della missione europea «Takuba», che prevede anche l’impegno di 200 militari italiani.