Dalla settimana prossima la Malaysia potrebbe essere il 143simo Paese che abolisce la pena capitale. Se il condizionale è d’obbligo – il parlamento discuterà la legge abolizionista solo lunedi – il risultato è praticamente certo perché è il governo a volere fortemente il provvedimento e ha già imposto al boia di fermarsi. Gli oltre 1200 detenuti nel braccio della morte possono sperare che il loro destino muti clamorosamente tra appena qualche giorno.

La pena capitale in Malaysia viene comminata per impiccagione a chi si è macchiato di terrorismo, omicidio, sequestro, traffico di droga e vari altri reati e tra l’altro, Kuala Lumpur, pur avendo firmato la Convenzione sui Diritti del Fanciullo, aveva espresso una riserva all’articolo 37, che vieta la pena di morte ai minori di 18 anni. L’Asia è un continente con un triste primato: non solo la pena capitale è diffusa in molti Stati, dal Bangladesh (che due giorni fa ne ha condannati a morte 19) alla Thailandia, da Singapore al Vietnam, ma contiene anche gli stati dove si verificano in assoluto più esecuzioni, come la Repubblica popolare cinese e l’Iran (che tra il 2015 e il 2018 ha giustiziato anche 90 minorenni).

Questo piccolo ma saldo Paese del Sudest asiatico non smette di stupire. Nel bene e nel male. La giustizia si è piegata spesso alle pressioni del potere politico (famoso il caso del vicepremier Anwar Ibrahim entrato in rotta di collisione con il primo ministro Mahathir Mohamad e finito a lungo in carcere) e la repressione violenta – dai casi di terrorismo al traffico di stupefacenti – è rimasta sempre un punto fermo. Ma adesso il Paese è governato da una colazione molto eterogenea – Pakatan Harapan – che ha promesso una sterzata nel campo della giustizia. Non in quello della politica: ha permesso il ritorno sia dell’inossidabile Mahathir (classe 1925) sia di Anwar Ibrahim: il primo è il capo di PH e l’attuale premier. Il secondo è il leader della medesima coalizione. E per dirla tutta, dopo che Pakatan Harapan ha vinto le elezioni nel 2018, l’ex premier Najib Razak è stato arrestato per corruzione (libero con la condizionale). Prima di perdere era praticamente intoccabile.

La notizia comunque è buona. La Malaysia – il cui nuovo governo sembra deciso a mantenere le promesse – potrebbe spingere altri Paesi a seguire il suo esempio. Molti hanno aderito alla moratoria sulle esecuzioni, promossa da una lunga campagna di associazioni come Nessuno Tocchi Caino o Amnesty, ma la strada è ancora lunga.