La Liguria sta diventando un banco di prova importante della tenuta dell’alleanza fra Pd e 5stelle e insieme della credibilità della dirigenza nazionale dei due partiti. Con qualcosa in più. La loro capacità di cambiamento e la loro umiltà per mettersi in sintonia coi movimenti più carichi di futuro che attraversano la società civile più attiva e consapevole.

Le elezioni amministrative francesi possono essere un utile insegnamento in questa direzione. Si ferma la destra di Le Pen, è battuto quasi ovunque l’asse fra Macron e i centristi, vince l’alleanza fra la sinistra tutta, dai socialisti a Melenchon, e i verdi su programmi che fanno dell’ambiente la priorità essenziale.

Il popolo francese, per lo meno quello che è andato a votare con una prevalenza dei giovani, ha capito che c’è una relazione fra riscaldamento climatico, degrado dell’ambiente, distruzione della biodiversità, e il diffondersi delle epidemie e degli eventi metereologici estremi, le alluvioni, le ondate di calore insostenibile.

I ragazzi di Fridays for future, assenti per il lockdown dalle scuole e dalle piazze, hanno fatto sentire il loro peso nelle urne.

I francesi hanno scelto nella maggioranza dei comuni chi non pensa che il dopo covid deve essere la riproduzione del mondo di prima, con lo sfruttamento della natura e degli esseri umani, con le inaccettabili diseguaglianze fra le persone. Convinti che tanto nuovo lavoro può nascere da una riconversione verde dell’economia, più che dalla replica dei vecchi modelli di produzione e di consumismo. Hanno votato per candidati, per la maggior parte verdi o indipendenti o della sinistra, come la sindaca di Parigi Hidalgo che ha fatto della lotta al riscaldamento climatico e all’inquinamento il centro della propria azione amministrativa.

La sinistra in Liguria sembrava essersi messa, addirittura in anticipo, in sintonia con questa tendenza. Una candidatura civica, come quella di Ferruccio Sansa, promossa dalla comunità di San Benedetto, in coerenza con lo straordinario insegnamento di Don Gallo, “in direzione ostinata e contraria”, a sostegno degli ultimi e della vivibilità del territorio, aveva trovato l’assenso dei vertici nazionali del Pd e del 5stelle, convinti, sembrava, che da lì potesse nascere un fondamento nuovo e più avanzato alla stessa alleanza nazionale.

Sembrava addirittura possibile a partire da lì competere con qualche possibilità di vittoria con Toti e la destra. Poi tutto si è fermato. Ed è cominciata una straordinaria gara a chi fa meno, il cui unico esito è di rendere sempre più difficilmente contrastabile la vittoria di Toti.

Sono emerse le logiche di piccolissimo cabotaggio della politica locale.

C’è chi ha pensato che una operazione più tradizionale gli avrebbe dato più chance di essere rieletto in Coniglio Regionale. Meglio in Consiglio con Toti rieletto, che fuori perché un accordo civico avrebbe ridotto gli spazi per le burocrazie di partito.

Poi, in Italia Viva e in parte del PD, La preoccupazione che un candidato come Sansa, che aveva denunciato con articoli e con libri la cementificazione della Liguria, mettesse in discussione non solo Toti ma anche le scelte delle precedenti esperienze del centro sinistra, che di quelle cementificazioni non erano certamente incolpevoli.

E poi contro Sansa le più indegne delle vecchie logiche politiciste, quelle abituate più che a parlare al popolo, a confrontarsi con i supposti padroni dei voti. «Sansa non prenderà mai i voti di Scaiola», il dominus di Imperia, ex braccio destro di Berlusconi, diventato sindaco schierando la destra locale contro Toti.

Da qui il presentarsi “spintaneo” di tanti nuovi candidati. Il barone universitario, mai sfiorato da qualsiasi idea politica, e disponibile ad accogliere tutti sotto l’ombrello di una sua candidatura aideologica. E poi Ariel Dello Strologo, il meno imbarazzante dei nomi del Pd se il Pd dovesse andare da solo, e poi tanti altri per bene e per male, usati spregiudicatamente, al di là delle loro stesse intenzioni, per sbarrare la strada alla candidatura di Sansa.

Non amo particolarmente né il Pd né i 5stelle. Ma tuttavia penso che la loro alleanza sia a tutt’oggi utile per impedire la marcia verso il potere della destra. Naturalmente se si è disposti a risalire la strada inclinata che ha favorito la crescita della destra.

Per cui mi hanno fatto piacere tutti gli appelli all’unità giallo rossa da Grillo, a Conte, a Zingaretti. Da altre parti sono diverse le responsabilità dell’unità mancata.

Ma oggi in Liguria la difficoltà a varare una candidatura unitaria è soprattutto un problema del Pd. Un Pd ormai ridotto ai minimi termini, che ha perso non solo la Regione, ma quasi tutti i comuni più grandi ad eccezione di Sestri Levante, ma il cui gruppo dirigente sembra ancora schiavo dei vecchi vizi che ne hanno determinato il brutale ridimensionamento.

In Liguria si decide anche un’altra cosa, decisiva per chi ancora spera ad una possibile unità a sinistra.

Se il Pd e i 5stelle sono organizzazioni politiche nazionali, capaci di scegliere sulla linea che bene o male si sono dati i loro gruppi dirigenti, o se sono ormai realtà balcanizzate, in cui i gruppi locali, tanto più feroci quanto più piccoli e irrilevanti, sono in grado di sbarrare la strada a qualsiasi ipotesi di cambiamento.