Torna l’Isis in Libia, con un attacco durato fino all’alba di ieri nei dintorni di Sebha, capoluogo della regione meridionale del Fezzan. Un commando nel corso della notte ha preso d’assalto la caserma del Battaglione 166 dell’Esercito nazionale libico (Lna), la milizia del generale Haftar, che ha subito pesanti perdite, almeno 9 morti, ma fonti locali parlano di 16.

Particolarmente efferate le modalità delle uccisioni o quanto meno il trattamento dei cadaveri: bruciati, decollati, straziati. Il portavoce locale dell’Lna ha parlato di un gruppo composto in gran parte da africani, probabilmente ribelli ciadiani. E un ex sottosegretario del governo non riconosciuto di Baida, che appoggia Haftar, ha riconosciuto negli assalitori gli stessi che avevano già condotto un’incursione nella base di Tamarhint lo scorso 18 aprile sotto le direttive di un comandante, Hassan Mussa, precedentemente inquadrato nella Forza di difesa del Sud, messa in piedi dal governo Serraj e legata all’Isis tramite la costola locale di Katibat al Batter al Libi.

Nel pomeriggio sul sito Amaq dell’Isis è arrivata la rivendicazione, con foto dal teatro degli scontri. Nel suo recente videomessaggio dalla clandestinità, il califfo nero Abu Bakr al Baghdadi aveva spronato i combattenti in rotta dalla Siria a «prendere l’iniziativa» in Libia sfruttando la situazione che vede impegnate le truppe di Haftar, nemico non solo della Fratellanza musulmana ma anche dell’Isis a Derna e Bengasi, nella battaglia per la conquista della capitale, elogiando il primo tentato blitz nell’oasi di Fuqha, sempre nel sud della Libia.

A un mese esatto dall’inizio dell’offensiva «antiterrorismo» di Haftar, ieri, e alla vigilia dell’inizio del Ramadan, lunedì, a Tripoli gli scontri armati e i bombardamenti continuano con avanzamenti e ritirate di poche decine di chilometri nei sobborghi-sud. Cresce però l’intensità dei combattimenti e sale il conto dei morti – oltre 400 le vittime – e degli sfollati, 55 mila, mentre 3.400 migranti restano intrappolati nei centri di detenzione della città.

I siti libici vicini dal generale cirenaico pubblicano una lista di nomi di terroristi – di al Qaeda nel Maghreb islamico e dell’Isis – che sarebbero stati curati nell’ospedale italiano di Misurata. A differenza delle proteste di una settimana fa, Bengasi però questa volta non chiede al governo di Roma il ritiro dei circa 400 soldati italiani che presidiano l’ospedale, «sappiamo che sono schierati lì per combattere il terrorismo e non per supportarlo» – dice -, ma è stata inviata a Roma la lista dei nomi. Nella telefonata di venerdì tra il primo ministro italiano Giuseppe Conte e il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi, i due avrebbero convenuto sulla necessità di eliminare ogni forma di terrorismo in Libia e di prevenire traffici di armi e foreign fighters.