«Ho perso il mio unico figlio nel bombardamento della mia casa – dice Fatima Al Naami, 49 anni mentre aspetta sola e triste il suo sacco di cibo – era rimasto ferito dalla scheggia di una granata, è stato ricoverato in ospedale e dopo due giorni è morto». Sono disperate le voci raccolte dall’agenzia France Presse nei rifugi e nei centri di consegna dei pacchi alimentari delle decine di migliaia di sfollati dei villaggi alla periferia sud di Tripoli, dove si combatte da più di due settimane.

LE FORZE DEL GENERALE Kalifa Belqasim Haftar sabato mattina hanno lanciato un’avanzata di terra su due direttrici verso il centro città, hanno superato Wadi Rabie e Aziziya, in direzione di Ein Zara. Dall’altra parte hanno puntato sul vecchio aeroporto internazionale di Tripoli da usare come base per avviare la seconda fase dell’offensiva sulla capitale, quella che dovrebbe essere decisiva. Il portavoce dell’Lna Ahmed Mismari ha prospettato un’altra settimana di battaglia, per concludere prima dell’inizio del Ramadan a maggio. Lo stesso Mismari ha rettificato quanto si era lasciato sfuggire circa la collaborazione di «aerei amici» nei bombardamenti. Si era confuso.

Gli aerei nemici del Governo di accordo nazionale (Gna) invece avrebbero lanciato in serata otto raid contro le posizioni dell’Lna a sud di Tripoli.
Sul piano internbazionale la Francia si è riallineata, dopo la presa di posizione degli Stati uniti, insieme alla Russia al Consiglio di sicurezza dell’Onu: Haftar, hanno chiarito, è da intendere come parte della soluzione e non il problema.

E L’ITALIA, che tanto si era spesa a sostegno del premier Fayez Serraj, si riallinea anch’essa agli alleati d’oltre oceano e d’oltralpe. Alla Farnesina il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, dopo aver visto il collega francese Jean-Yves Le Drian, ha annunciato che la prossima settimana a Roma si terrà una riunione delle diplomazie dei paesi interessati al dossier libico con l’obiettivo di rimettere in carreggiata il dialogo politico per la stabilità del Paese sotto l’egida dell’Onu. La rivalità tra Roma e Parigi, l’una per Serraj e l’altra per Haftar, ha origine da dissidi storici per il predominio coloniale sulla Libia, esacerbati durante la guerra Nato del 2011, scatenata da Sarkozy – e da Londra – contro Muammar Gheddafi, all’epoca partner di ferro del governo italiano.

La distanza riguarda anche gli interessi alla base della politica della sicurezza: l’Italia di Salvini e Minniti ha stretto alleanze con la Guardia costiera che controlla le milizie che controllano i traffici dei migranti lungo la costa della Tripolitania, dove per altro sorgono la maggior parte degli impianti petroliferi dell’Eni. Mentre per la Francia è strategico il controllo della frontiera sud, nel Fezzan, a ridosso del Sahel, dove ha i suoi soldati a difesa del complesso reticolo di interessi nelle sue ex colonie.

MA GLI STATI UNITI sono forse inquieti anche per l’interventismo turco in Libia, quando ancora non si è capito se Ankara vuole acquistare i sistemi antimissile S400 dalla Russia o i caccia F35 della Lockheed Martin: i due sistemi d’arma sono infatti antitetici ma Erdogan li vuole entrambi. E venerdì il presidente del Consiglio presidenziale di Tripoli – il parlamentino non elettivo che fa capo al governo Serraj – Khalid al Mishri, è stato ricevuto a Istanbul dal presidente Erdogan per aggiornamenti sulla Libia.