Ieri Il presidente della Lettonia, Raymond Vejonis, ha approvato gli emendamenti alla legge sugli istituti di istruzione superiore, che vietano l’insegnamento in russo anche all’interno di università o scuole private, malgrado l’opposizione del partito socialista “Armonia”, di alcuni rettori di università del paese e di organizzazioni non governative. La minoranza russofona rappresenta attualmente circa il 30% della popolazione del Paese mentre la percentuale di popolazione che utilizza il russo come lingua principale è il 40%.

Ieri a Riga per protestare contro questa violazione dei diritti umani e delle minoranze nazionali sono scesi in piazza molti comitati di cittadini russofoni, che innalzavano cartelli con scritto “L’Europa ci aiuti!”. Larisa, una signora di origine russa ma cittadina lettone, ha dichiarato al giornale Vzgljad: “L’occupazione della Lettonia dell’Armata Rossa dopo gli accordi Ribentropp-Molotov del 1939 è una colpa del governo sovietico dell’epoca che non può ricadere sui russofoni di 80 anni dopo”. Questa manifestazione fa seguito a quelle già tenute il 19 giugno e del primo maggio.

La questione della minoranza di linga russa è stata denunciata dalla Federazione Russa all’Osce. Secondo l’inviato permanente all’Osce Alexander Lukashevic la legge approvata dalla Saeima, il parlamento lettone, si configura come “un tentativo di assimilazione forzata”. I russi della Lettonia stanno diventando di fatto i nordirlandesi cattolici del XXI secolo: discriminati sul lavoro rappresentano sempre più la parte povera della nazione che non può permettersi neppure di emigrare in Russia. Secondo Gianna Zaurkubule dell’Accademia Nazionale Baltica “in tal mondo si vuole disabituare i ragazzi di origine russa ad iscriversi all’università, cercando così di far sprofondare la minoranza tra gli strati meno acculturati e più economicamente modesti della popolazione”.

Purtroppo neppure il nostro presidente Sergio Mattarella in visita nella capitale lettone lo scorso 3 luglio ha speso parola per i diritti delle minoranze nazionali. Silenzio anche dal governo Salvini-Di Maio, la cui volontà di riaprire buone relazioni con la Russia si ferma per ora alle parole del programma di governo. E nessuna azione da parte del Consiglio D’Europa e dell’Europarlamento anche dopo che moltissimi parlamentari di diversi schieramenti politici abbiano espresso forti dubbi sulla costituzionalità in chiave europea di tale decisione.

Il ministro dell’istruzione lettone Karlus Shadurskis ha definito “fantasie inaccettabili” persino la possibilità adombrata dall’ambasciatore russo a Riga di creare scuole russe nel paese finanziate dall’ambasciata in sedi di proprietà russe”. “Entro il 1 gennaio 2019 non si potrà più insegnare russo né in scuole statali né in scuole privare così dice la legge” ha dichiarato Shadurskis. Per il ministro, intervistato dal giornale Delfi, la questione dell’insegnamento delle lingue straniere “è una questione interna che non riguarda l’Europa”.