Dalle microaziende ai consorzi, dal Nord al Sud Italia, dalla vendita diretta all’export: sono circa 4.500 le aziende biodinamiche, secondo il Bioreport 2017-2018 a cura della Rete Rurale Nazionale.

PROMUOVE LA FERTILITA’ DEL TERRENO, la creazione di un «organismo agricolo» in grado di governare i processi ecologici aziendali e di generare humus, qualità e sementi. Molte aziende si avvicinano al metodo biodinamico col desiderio di andare oltre il biologico classico. C’è chi cerca un metodo più vicino ai cicli naturali, chi punta alla fertilità del suolo e chi trova soddisfazioni anche dal punto di vista commerciale.

IN ITALIA ESISTONO UNA PLURALITA’ DI CERTIFICATORI. Il più diffuso è il marchio Demeter, una federazione di 6.500 produttori in 65 paesi. Sono circa 450 le aziende italiane a marchio Demeter. L’Italia è al terzo posto per superficie certificata, dopo Germania e Francia. Verdèa, nata da una rete di produttori e la piemontese AgriBioDinamica sono altri due certificatori.

LA BIODINAMICA OPERA IN TUTTI I SETTORI dell’agricoltura, specialmente in quelli ad alto valore aggiunto. Secondo il Bioreport le aziende certificate Demeter hanno un fatturato medio a ettaro pari a 13.300 euro mentre le biologiche si fermano 2.400 e quelle convenzionali a 3.200.

GRAN PARTE DEI PRODOTTI ITALIANI DEMETER sono destinati all’esportazione: almeno l’85% secondo Carlo Triarico, presidente dell’Associazione per l’Agricoltura Biodinamica. Gli importatori sono paesi dell’Europa centrale (Germania, Svizzera, Austria e Olanda), Svezia, Gran Bretagna e Stati Uniti. Ultimamente anche Emirati Arabi Uniti e Australia. Il mercato interno si concentra sui negozi specializzati. «In Italia ci sono in media 2 addetti per azienda, i biodinamici ne hanno 19», sottolinea Triarico.

PER OTTENERE IL MARCHIO DEMETER BISOGNA ESSERE certificati bio. «Quando si fa domanda inizia una fase di tutoraggio» spiega Enrico Amico, presidente di Demeter Italia. Il periodo di conversione va da 0 a 5 anni. Le richieste crescono ogni anno, dice Carlo Triarico, ma la selezione è dura. «Nel 2020 di 170 solo 20 hanno ottenuto il marchio».

TENDENZA AL CICLO CHIUSO, INTEGRAZIONE tra agricoltura e allevamento, biodiversità e humus. Gli standard Demeter sono più stringenti del bio: meno sostanze ammesse, solo diserbi meccanici, 10% della superficie a salvaguardia dell’ecosistema. Solo le aziende fino a 5 ettari sono esonerate dal possedere animali. «Non ci sono riferimenti ai cicli lunari» conferma Enrico Amico, aggiungendo come l’influsso della luna faccia parte della tradizione millenaria contadina non della biodinamica. La biodinamica si arricchisce di diversi punti di vista: quelli delle aziende che la praticano.

ENRICO AMICO E’ ANCHE COMPROPRIETARIO de La Colombaia, dell’azienda agricola e del marchio Amico Bio. Biologico dal 1994 e biodinamico dal 2005, oggi coltiva circa 200 ettari di ortaggi invernali nel territorio di Capua, in provincia di Caserta, e fattura milioni di euro. L’azienda, certificata Demeter, ospita 80 mucche di razza marchigiana e 300 suini neri casertani, allo stato semi-brado. Esporta in Germania, Svizzera, Austria, nei paesi scandinavi e il 2-3% a Dubai. In Italia vende solo il 5%: gruppi di acquisto, punti-vendita e tre ristoranti vegetariani Amico Bio. «Manca la conoscenza approfondita della qualità biodinamica, come per il biologico qualche anno fa» spiega l’imprenditore.

L’AZIENDA E’ MULTIFUNZIONALE: DALL’ASILO STEINERIANO al recupero di un bene archeologico, dall’agriturismo al ristorante. Nelle attività agricole vengono impiegate stabilmente più di 160 persone, molti giovani. La scelta biodinamica, secondo Amico è un processo quasi naturale. «Al marchio Demeter si avvicinano le aziende più mature del bio che trovano maggiori soddisfazioni sia per la fertilità della terra, sia dal punto di vista commerciale». E ancora. «Il compost biodinamico applica i principi dell’economia circolare: letame, foglie, prodotti sotto-calibro, scarti di potatura, ramaglie diventano nutrimento per il terreno». La biodinamica ha recuperato anche il sovescio: la messa a coltura di essenze che apportano nutrienti al terreno e vengono poi trinciate e interrate. «Le leguminose fissano l’azoto, la facelia attrae le api, la senape allontana i parassiti», racconta il titolare di Amico Bio. La presenza di animali obbliga alla rotazione agraria: almeno il 60% del foraggio deve essere prodotto internamente. «L’azienda agricola, che non dipende da input esterni, riacquisisce libertà di scelta». E poi «coltivando anche in serra, abbiamo l’obbligo di recuperare le acque piovane e di destinare il 20% della superficie a biodiversità» aggiunge.

1.500 ETTARI COLTIVATI A BIODINAMICA. Fattoria La Vialla di Castiglion Fibocchi, in provincia di Arezzo, impiega stabilmente 150 persone. Coltiva viti, ulivi, cereali e ortaggi, alleva pecore e galline. Buona parte della produzione è destinata all’esportazione ma c’è anche una bottega per la vendita diretta.

BIOLOGICA DAL 1978, QUANDO LA FAMIGLIA Lo Franco acquistò i primi campi e poderi. L’esempio a cui si ispirano è la bisnonna (nonna di Piero Lo Franco, l’iniziatore) che «coltivava la terra solo con concime naturale e seguiva il calendario lunare per potature e semine» raccontano Antonio, Gianni e Bandino Lo Franco. La Vialla, infatti, era già bio prima che esistesse un ente certificatore ufficiale. «Fummo tra le prime aziende italiane ad associarsi al neonato coordinamento toscano produttori biologici nel 1983, ci certificammo bio un anno dopo l’entrata in vigore del regolamento CEE (1993)», spiegano i titolari. L’approccio alla biodinamica risale a metà degli anni ’90. A convincerli fu l’idea di seguire il ritmo della natura e degli esseri viventi. Sono certificati Demeter da 16 anni.

«COLTIVIAMO IL FORAGGIO E I MANGIMI per i nostri animali, utilizziamo latte e uova, per realizzare formaggi e prodotti da forno». Dagli animali ottengono anche letame, che viene compostato insieme agli scarti organici delle trasformazioni dei prodotti agricoli. Il compost biodinamico in seguito viene distribuito sui campi come fertilizzante. Le sementi di cereali e legumi vengono selezionate e riutilizzate.

BIODIVERSITA’ DELLE COLTURE, DEGLI INSETTI impollinatori e degli animali allevati: sono gli effetti della scelta biodinamica «che si riflette nella qualità dei prodotti», sottolineano. Il metodo risponde bene anche al cambiamento climatico: «Le piante resistono meglio agli eventi estremi: dalle piogge intense al caldo eccessivo, fino alle gelate». La fattoria si definisce carbon neutral. «Nel 2008 abbiamo cominciato a misurare la nostra impronta ecologica», spiegano i titolari: «Siamo sostanzialmente privi di scarti e autosufficienti dal punto di vista energetico». Anche la gestione dell’acqua è molto importante: «La fitodepurazione permette il recupero delle acque della cantina, del frantoio e della produzione».

PER GARANTIRE LA FERTILITA’ DEI SUOLI La Vialla adotta la rotazione delle colture; lavora il terreno delicatamente e mantiene il suolo coperto, per ridurre al minimo l’erosione. Utilizza la fertilizzazione con compost biodinamico, sovesci e preparati. «Abbiamo constatato l’aumento di sostanza organica nei decenni», spiega la famiglia Lo Franco, e aggiunge: «La struttura fisica del suolo è migliorata: la ritenzione idrica e l’assorbimento degli elementi nutrizionali». A La Vialla cerchiamo di rispettare il calendario biodinamico delle semine e le operazioni colturali di Maria Thun e sperimentiamo prodotti naturali alternativi per la difesa delle colture», dicono i titolari.

PAESAGGIO VARIEGATO E AMBIENTE NATURALE sono sempre parte delle aziende biodinamiche. La Vialla ha recuperato e gestisce: diverse aree verdi permanenti, fossi alberati, pascoli ed erbai naturali, boschi e anche corsi d’acqua. «I terreni su cui operiamo sono stati salvati dal degrado ambientale», sottolineano, raccontando l’opera di tutela del paesaggio e l’integrazione tra natura e agricoltura.

La Vialla offre corsi e visite, collabora con gli agricoltori vicini e «molti di loro si sono convertiti al biologico o al biodinamico». Ospita attività per gli studenti e lavora in collaborazione con l’Università di Firenze e Pisa su progetti di recupero delle viti autoctone.

NON TUTTE LE AZIENDE CHE PRATICANO la biodinamica sono certificate. Podere Magia di Stefano Pescarmona è una di queste. Tre ettari a San Polo d’Enza, in Emilia: due a vigna e uno di colture varie. Stefano Pescarmona dopo 25 anni di attività come agronomo specializzato in biodinamica per università e aziende, nel 2013 è riuscito a realizzare il suo sogno: aprire un’azienda agricola. Si è avvicinato al metodo mentre frequentava la facoltà di Agraria, grazie a un corso promosso dall’associazione toscana di biodinamica. La biodinamica deriva da una filosofia, sottolinea Stefano Pescarmona, ma le sue pratiche sono simili a quelle dell’agroecologia, l’agronomia che applica i principi dell’ecologia e degli ecosistemi.

«COLTIVO LA VIGNA E PRODUCO IL VINO naturale nella mia piccola cantina», racconta, e aggiunge: «Faccio agricoltura biodinamica applicando i preparati e il calendario lunare». I vini di Podere Magia sono dei rifermentati in bottiglia emiliani, fatti solo con uva, senza solfiti. «Ho qualche animale, un po’ di api e un po’ di pascolo per creare biodiversità», spiega. L’azienda tende al ciclo chiuso, o quasi. Il letame arriva dagli allevamenti in zona. Pratica il sovescio, mantiene inerbiti i vigneti e utilizza i preparati biodinamici per fertilizzare il terreno. Le piante sono frutto della selezione in campo basata sull’adattabilità al territorio, sulla resistenza alle malattie e sulla produzione equilibrata. «Ho 200 tipi di piante, con caratteristiche diverse, che possono rispondere meglio alle problematiche», sottolinea. La biodiversità non è solo in campo: «Corsi d’acqua, alberi, siepi ospitano anfibi e uccelli che si nutrono di insetti».

LA SCELTA DI NON CERTIFICARSI è legata alla tipologia del prodotto commercializzato: il vino naturale. «Sono vignaiolo, artigiano di tutto il processo produttivo: si tratta di un concetto non certificabile», spiega. Podere Magia ha la certificazione biologica e vende 15.000 bottiglie l’anno, in tutto il mondo. Stefano Pescarmona non ha abbandonato la vocazione del formatore: «Faccio corsi rivolti agli agricoltori e ai consumatori, partecipo a progetti sociali con i detenuti e realizzo orti didattici nelle scuole».

SE PARLIAMO DI MICROAZIENDE Piccola Terra di Federico ed Elisa ne è un esempio. Un ettaro in affitto nelle campagne del vicentino. Non si definisce azienda biodinamica ma applica alcune pratiche di questo metodo. Le produzioni orticole sono concentrate in poco spazio e il lavoro è manuale. Elisa e Federico arrivano da 10 anni di lavoro per un’azienda biologica classica.

IL CAMPO E’ DIVISO in un centinaio di aiuole permanenti, rialzate. Il terreno, in questo modo, non viene mai pestato e lavorato il meno possibile. Obiettivo: mantenere la fertilità e la struttura del suolo. «All’interno della stessa aiuola coltiviamo 3 o 4 tipologie di ortaggi», raccontano. I titolari di Piccola Terra praticano il sovescio, la rotazione e applicano i preparati biodinamici.

AL BIODINAMICO SONO ARRIVATI QUANDO hanno visto che anche nel bio i suoli perdono fertilità. È stata Elisa a seguire i primi corsi, voleva cambiare approccio. Federico nella biodinamica ha trovato una maggiore complessità rispetto al bio: «Ho capito meglio il ciclo naturale delle piante». Hanno però scelto di sperimentare diverse pratiche: «Non c’è un’unica soluzione ad un problema», sottolinea Elisa.

PICCOLA TERRA RISPETTA IL CICLO DELL’ENERGIA delle piante: «Se raccogliamo un’insalata nel pomeriggio dura poco, se viene raccolta la mattina si conserva a lungo», sottolinea Federico. Quando possono seguono anche il calendario delle semine e dei trapianti a seconda delle fasi lunari.

DA POCO, OLTRE ALLA VENDITA DIRETTA, hanno creato una Csa, comunità a supporto dell’agricoltura. È composta da 15 persone che si impegnano a comprare una cassetta di verdura mista a settimana. L’abbonamento va dalle 4 settimane all’anno. I sostenitori del progetto consentono all’azienda di programmare le colture, ridurre gli sprechi e condividere il rischio d’impresa.