C’è grande attesa per l’arrivo in Italia, questa settimana, di Alexis Tsipras, leader di Syriza e candidato alla presidenza della Commissione europea. Intorno alla sua figura e alla sua candidatura – grazie all’appello promosso da Barbara Spinelli e altri – si stanno raccogliendo disponibilità e forze crescenti. Oltre 15 mila persone hanno sottoscritto l’appello e il congresso di Sel, dopo un dibattito importante, ha scelto la lista Tsipras.

Si tratta di una impresa difficile, ma che vale la pena sposare. E’ oggi l’unico modo per dare rappresentanza in Europa a una sinistra diffusa e dispersa, ma convinta di poter lavorare insieme contro le politiche di austerità e il modello neoliberista, ricostruendo il valore del lavoro a favore di un’Europa sociale, democratica e federalista.

Ed è l’unico modo per costruire in Italia il cantiere unitario di una sinistra capace di reagire al “ribaltone antidemocratico” di una legge elettorale che rischia di far trovare milioni di italiani senza rappresentanza politica e visibilità sociale.

Di fronte alle leadership populiste di vecchio e nuovo conio – Renzi, Berlusconi e Grillo – dei tre maggiori partiti e al dominio tecnocratico espressione di oligarchie economiche e poteri finanziari, abbiamo tutti il dovere di costruire un “campo aperto” della sinistra dove archiviare i fantasmi del passato (con i loro settarismi sterili) e dare vita a un laboratorio politico plurale dove possano convivere culture diverse: quelle della sinistra politica diffusa, dei movimenti sociali, del federalismo democratico europeo, dell’ambientalismo, del lavoro.

Abbiamo davanti emergenze democratiche e sociali gravissime: una legge elettorale fortemente sospettata di essere anticostituzionale, l’impoverimento generale della società, il crollo del sistema industriale, la distruzione del lavoro e dei suoi diritti. E, naturalmente, il falso dilemma che domina le elezioni europee, tra il vicolo cieco dell’austerità e il pozzo senza fondo delle reazioni populiste.

La lista Tsipras afferma che un’alternativa a tutto questo è possibile. Potremmo chiamarla “L’altra Europa”, e potrebbe essere un terreno in cui sperimentarci tutti. Gli errori da evitare sono le ingombranti dinamiche di partito (abbiamo già dato con la Lista Arcobaleno), ma anche le chiusure e i settarismi anti-politici, che lasciamo volentieri ai 5Stelle; le inconcludenti maratone assembleari, ma anche la restrizione delle decisioni in gruppi troppo ristretti; la nascita di una lista “autobus” su cui salgono tutti (pure chi pensa all’approdo al Pse o ad altri gruppi), ma anche rigidità ideologiche come quelle dell’adesione al Gue – il gruppo della sinistra al Parlamento europeo – che anche Alexis Tsipras, nella lettera pubblicata sul manifesto il 25 gennaio, non ha posto come condizione.

Per la riuscita di questa iniziativa serve l’apporto di tutti, devono tutti sentirsi a proprio agio ognuno rinunciando a qualcosa, con generosità, ma nello stesso sapendo che si tratta di un’impresa in cui ognuno può portare un contributo importante, superando i sospetti del passato e facendo quello che di solito riesce nei movimenti sociali ma non nei partiti: lavorare insieme per l’obiettivo. Nelle forme organizzative che dovrà darsi la lista Tsipras, potremmo imparare da alcune esperienze importanti che abbiamo realizzato in passato, come il Genoa Social Forum che nel 2001 ha saputo mettere insieme movimenti, associazioni, gruppi locali, insieme a forze politiche e sindacali.

Senza quest’apertura e senza una rete organizzativa larga e inclusiva non riusciremo a raccogliere 150 mila firme per la presentazione delle liste, né ad avere delle belle candidature, in grado di raccogliere voti, con rappresentanti dei movimenti (studenteschi, per l’acqua pubblica, ecologisti, pacifisti, per i diritti dei migranti, i diritti civili, etc.), del sindacato, della politica diffusa (nessuno dei vertici di partito, ma esponenti che siano espressione di un lavoro politico coerente con i contenuti dell’appello), delle amministrazioni locali (pensiamo a tanti sindaci e amministratori locali che potrebbero dare un contributo importante), delle esperienze ambientaliste e di tutela del territorio, del mondo dell’arte e della cultura.

Bisogna costruire un nuovo rapporto tra le esperienze della società civile e dei movimenti, delle forze politiche, delle persone di quella “sinistra senza appartenenza”, disponibili a spendersi in questo progetto. Allo stato delle cose, la possibilità di una lista per “L’altra Europa” e il lavoro comune che potrebbe aggregarsi intorno ad essa, appare come l’unica risposta efficace ai tre populismi della politica italiana e alle pericolose derive di quella europea.