Un viaggio lungo quattordici anni. È quello che Elisabetta Percivati (in arte Epi) ci regala nella graphic novel Takk, perdersi in Islanda uscita di recente per i tipi della casa editrice Becco Giallo (pp.180, euro 18). La giovane fumettista torinese ci racconta di un soggiorno nato per errore tra i fiordi e i geyser dell’Isola dei ghiacci quando, invece di finire in Erasmus a Dublino, fu catapultata per sei mesi a Reykjavík. Epi, però, si innamora subito di questa terra apparentemente inospitale, tanto che dedicherà parte degli anni successivi a studiarne tutti gli aspetti regalando ai lettori italiani un fumetto che è anche un’utile guida per chi intenda avventurarsi nel profondo nord ai confini del Circolo polare artico.

IN «TAKK» (che significa «grazie» in islandese) scopriamo non solo i paesaggi da cartolina, le pulcinelle di mare e le balene, la carne di squalo marcio o le erbe aromatiche ma anche un popolo di 350 mila persone che ha deciso di vivere in un ambiente ostile cercando di seguirne i ritmi, le fragilità ma anche conoscendone i pericoli. E sono proprio i pericoli uno degli aspetti di questo fumetto, quelli che i turisti ignorano provando a surfare nel mare del nord o avventurandosi in lande impervie nel cuore dell’isola. È, quindi, soprattutto l’uomo il vero pericolo per il fragilissimo ecosistema islandese ed è quello che denuncia il racconto di Epi, a partire dall’industria dell’acciaio che vorrebbe fare grandi affari sfruttando l’energia idroelettrica dell’isola.

Percivati ci racconta delle proteste che hanno interessato l’Islanda negli ultimi anni che, in parte, si sono intrecciate con quelle del «sabato pomeriggio» quando migliaia di donne e uomini «assediarono» per mesi il parlamento islandese (l’Alþingi, il più antico del mondo) in occasione del crack finanziario che travolse, nel 2008, le tre banche nazionali e portò a un passo dal default l’economia dell’isola. La penna di Epi, raccontandoci la genesi di quei fallimenti, dismette il tono narrativo della viaggiatrice innamorata e, con il piglio del giornalismo d’inchiesta, scoperchia verità che, almeno per il pubblico italiano, erano per lo più oscure. Ci parla di oligarchi russi che hanno usato le banche islandesi per i loro affari e anche di un miliardario statunitense che, a inizio secolo, aveva bisogno di capitali per costruire un albergo nel cuore di Manhattan: Donald Trump.
Non è una spy-story ma, piuttosto, il racconto di fatti che, quasi in contemporanea con il fallimento della Lehman Brothers, ci confermano la natura di un capitalismo vorace e speculativo che oggi ha trovato, nel turismo di massa, una nuova occasione per continuare i suoi affari.

ANCHE REYKJAVÍK infatti, come tutte le capitali occidentali, sta subendo una gentrificazione di massa per fare spazio a milioni di visitatori ogni anno. Con il tratto di una matita, Epi, costruisce in un fumetto un piccolo glossario per conoscere la storia, le persone e la natura di un’isola lontana dove convivono insieme «antichi elfi e moderni lupi». E proprio oggi a Torino, ci sarà il raduno nazionale degli «amici dell’Islanda».