Al settimo giorno di quarantena sui 21 imposti dalle autorità indiane, l’aritmetica del paese alle prese con l’emergenza globale Covid-19 continua a non tornare. Ieri il ministero della sanità ha confermato che in India, dall’inizio della pandemia, sono stati registrati 1.017 casi di persone infette, tra cui 29 morti e 99 guariti.

Un bilancio bassissimo è platealmente irrealistico, considerando una popolazione totale ben sopra il miliardo e trecento milioni di persone e l’esiguo numero di test effettuati finora.

In un articolo pubblicato dal New York Times due giorni fa, l’economista ed epidemiologo Ramanan Laxminarayan spiegava che secondo le stime dell’Indian Council for Medical Research «almeno un milione di persone avrà bisogno di un letto in terapia intensiva» in concomitanza con il picco delle infezioni, stimato intorno al mese di maggio.

L’intero sistema sanitario indiano, sempre secondo Laxminarayan, dispone al momento di nemmeno centomila posti letto in terapia intensiva e di duecentomila ventilatori, in maggioranza concentrati nelle città.

Se quindi la quarantena imposta dal governo di Narendra Modi dovrebbe servire a diminuire drasticamente il numero di contagiati, d’altro canto sta già avendo conseguenze durissime per l’economia del paese, in gran parte portata avanti da lavoratori impiegati nel cosiddetto «settore non organizzato»: niente contratti, niente tutele, niente salvagenti durante la tempesta.

Con lo stop di gran parte delle attività produttive e di tutti i trasporti locali, milioni di lavoratori migranti interni – spesso con famiglie al seguito – hanno iniziato il controesodo dalle città alle campagne. Spesso lo fanno a piedi, camminando per giorni.

Giunti a destinazione, nelle aree del paese mediamente più povere e meno integrate nella rete dei servizi sanitari indiani, di fatto rappresentano un veicolo di trasmissione del virus passato quasi totalmente sotto i radar del sistema indiano.

Esempio lampante è lo stato del Jharkhand, dove secondo le autorità locali al momento sono già rientrati oltre 45mila lavoratori migranti. Totale dei test per Covid-19 effettuati nello stato: 137. Tutti negativi.

Il contraccolpo sull’economia del paese e le ricadute sugli strati più indigenti della popolazione sono al centro del pacchetto di aiuti da quasi 21 miliardi di dollari stanziato giovedì dal ministero delle finanze: trasferimento di denaro nei conti correnti di chi già usufruisce di aiuti statali, aumento dei salari per i lavoratori, allargamento del sistema di distribuzione del cibo a prezzi calmierati.

Un piano che si aggiunge al pacchetto di misure avanzato dalla Reserve Bank of India venerdì, con sospensioni dei pagamenti dei mutui e stimoli per aumentare la liquidità delle banche. Ma la sfida, per il paese, sarà titanica.

In settimana l’agenzia di rating Moody’s ha rivisto le proiezioni di crescita per l’India nel 2020. Prima della pandemia, +5,3% del Pil; ora, +2,5%. Troppo poco per una delle demografie più esplosive del pianeta.