Alle dieci di sera, nello stesso giorno del videomessaggio con il quale sta tentando di tornare allo spirito di vent’anni fa, alla Forza Italia dello origini, Silvio Berlusconi ha incassato il primo voto contrario in una giunta delle elezioni di tutta la sua storia politica. E non per la legge che dal 1957 dichiara ineleggibili i concessionari di un bene pubblico (l’etere) ma per la legge Severino, votata senza problemi e senza lungimiranza da tutto il centrodestra dieci mesi fa. È solo un primo passaggio, ma prelude alla proposta di decadenza del Cavaliere, condannato a fine luglio a quattro anni per frode fiscale e ancora in attesa che la Corte d’Appello di Milano calcoli l’interdizione dai pubblici uffici. I commissari del Pdl, della Lega e del gruppo satellite Gal hanno lasciato l’aula, solo il relatore Augello è rimasto a presidiare la correttezza del voto. E così contro la proposta di confermare il Cavaliere si sono espressi 15 senatori su 23.

All’ombra del videomessaggio e di una crisi di governo eternamente annunciata, il lavoro della giunta arriva a un primo punto. Le procedure barocche del regolamento si intonano più con le architetture di Sant’Ivo alla Sapienza, dove si riuniscono i senatori, che con la logica degli schieramenti in campo. Un ordine casuale ha voluto che la relazione sulla decadenza di Berlusconi toccasse a un senatore del Pdl, contrario, quando in giunta c’è una netta prevalenza dei favorevoli alla decadenza. Per quanto contrastato e difficile, l’approdo di ieri sera è un ritorno al punto di partenza. Toccherà adesso a un nuovo relatore, il presidente Stefano, imbastire la trama della prossima decisione. Berlusconi si difenderà, o si farà difendere, da qui a dieci giorni o poco più. Solo allora la decadenza nel rispetto della legge Severino potrà essere deliberata e si tratterà anche allora di una tappa, non dell’approdo finale. Alla giunta tocca solo fare una proposta per l’aula e si può star certi che la data della discussione pubblica in senato sarà fissata tenendo conto delle tensioni sul governo. Venti giorni al massimo, dice il regolamento, ma ancora in maniera non tassativa. Che il Pdl tenti di ribaltare la decisione in aula lo prova l’ansia con cui difende il voto segreto, per altro previsto dal regolamento del senato. E viceversa quanto il Pd tema un dispetto del Movimento 5 Stelle lo testimoniano i tentativi sotto traccia dei democratici di attaccarsi al carro grillino: ma la modifica delle regole ha tempi che sono insieme troppo lunghi e troppo sospetti di accanimento personale. Alla fine si voterà con voto segreto, o quasi segreto visto l’imperversare dei telefonini sugli scranni senatoriali.

Stefano sarà già oggi a colloquio con il presidente del senato Grasso per concordare la data della seduta pubblica in cui Berlusconi dovrà difendersi. Uscendo dalla giunta ieri sera ha detto di aver assunto anche la carica di relatore oltre a quella di presidente «per proseguire sulla strada istituzionale scevra da condizionamenti di partito». Prima le ultime schermaglie si erano consumate sulle ormai famose «pregiudiziali», ovvero la doppia richiesta del relatore Augello di fermare il procedimento per sottoporre la legge Severino al vaglio della Corte Costituzionale oppure della Corte di giustizia europea. Entrambe bocciate, ma il Pdl ha preteso un voto anche su quelle, così da poter nei prossimi giorni sollevare il caso (o almeno tentarci) proprio davanti ai giudici del Lussemburgo. Anche le pregiudiziali sono state bocciate, con un voto contrario in meno visto che il socialista Buemi in questo caso ha dato ragione ad Augello. Che, uscendo dall’aula della giunta, ha lamentato «le pressioni politiche esterne» che a suo dire hanno agito «da 24esimo giudice».

Pressioni in realtà ci sono state soprattutto da chi ha a cuore le larghe intese. E che ancora ieri sera, a videomessaggio digerito, guardava con preoccupazione alle reazioni del Pdl, temendo un gesto roboante da parte dei ministri berlusconiani. I primi a reagire sono stati invece i soliti dichiaratori. Gasparri e Brunetta hanno denunciato lo «sfregio alla legalità».