«Tutti per il clima» da Berlino ad Amburgo, passando per le città industriali della Ruhr come ai margini della Foresta Nera. Ieri il «Global Climate Strike» è deflagrato davvero in ogni angolo della Germania, facendo registrare ovunque numeri da record.

A cominciare dai 550 comuni investiti dall’onda del «Fridays For Future» in versione mondiale: oltre 270mila persone riunite davanti alla Porta di Brandeburgo, altre 70mila scese in piazza a Colonia, fino alle 30mila che hanno occupato la piccola Friburgo. Uniti nelle quattro principali richieste: «tassazione della CO2, fine dei sussidi ai combustibili fossili, uscita immediata dal carbone e adeguamento dei target ambientali».

ESATTAMENTE NEL GIORNO in cui il governo Merkel vara ufficialmente il «pacchetto-clima» che costerà 54 miliardi di euro fino al 2023 e altrettanti entro il 2030. Nelle 22 pagine dell’accordo tra Cdu-Csu e Spd la lista completa delle misure per centrare l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra nel prossimo decennio di almeno il 55% rispetto al livello del 1990.

SI PARTE CON L’AUMENTO del prezzo di diesel e benzina (3 centesimi al litro dal 2021, 10 dal lustro successivo), divieto del riscaldamento a olio entro il 2026 e la deduzione fiscale aumentata a 35 centesimi a chilometro per i pendolari che si muoveranno con mezzi ecologici. In parallelo aumenterà drasticamente l’imposta sugli spostamenti in aereo mentre diminuirà l’attuale tassa sul biglietto dei treni a lunga percorrenza.

È il risultato dell’accordo tra socialisti e democristiani chiuso nella tarda mattinata di ieri dopo 19 ore di trattative, con più di un occhio al conto alla rovescia della manifestazione di ieri.

«Il Fridays for Future ci ha dato la scossa» ammette il vice-cancelliere Spd, Olaf Scholz: da ministro delle Finanze è soddisfatto anzitutto della tenuta del “totem” del debito-zero. Di fatto, la Grande coalizione ha trovato i miliardi per il Klimapaket nelle pieghe del bilancio, che verrà quindi mantenuto ancora in pareggio. Non una buona notizia per gli Stati Ue (tra cui l’Italia) che speravano nella rottura del diktat finanziario in nome della comune lotta al cambiamento climatico.

Neppure per i manifestanti del «Fridays for Future», ieri pronti a bocciare in tempo quasi reale il compromesso annunciato dal governo in conferenza stampa. «Uno schiaffo in faccia alle centinaia di migliaia di tedeschi scesi in piazza per chiedere misure a favore di una vera protezione del clima. Il pacchetto non permetterà di raggiungere gli obiettivi del 2030» è la replica affidata ai social.

MA IL PROVVEDIMENTO della GroKo viene criticato anche dai Verdi. Il co-segretario, Robert Habeck definisce «un controsenso avere premiato chi percorrere lunghe distanze». Mentre per la Linke l’accordo risulta «antisociale, oltre che inefficace. A pagare il prezzo saranno soprattutto i redditi medio-bassi. Si tratta inoltre di provvedimenti “patchwork” incapaci di influire davvero sul cambiamento climatico» sottolineano i capigruppo al Bundestag, Sahra Wagenknecht e Dietmar Bartsch.

Alla base, soprattutto il problema che fino a oggi ha permesso di disattendere gli obblighi ambientali vigenti: «È fondamentale che il pacchetto-clima sia verificabile. Serve dunque una revisione annuale delle misure» ha ricordato ieri il segretario dei Verdi al summit nazionale del partito a Erfurt.

Messaggio per Angela Merkel, che ieri ha celebrato la ritrovata sintonia nella coalizione, ma ha pure dovuto mettere la faccia sulla sconfitta legata al suo ventennio di governo. «La riduzione del 40% delle emissioni entro l’anno prossimo, che avevamo stabilito nel 2007, non è stata raggiunta» confessa la cancelliera.

Consapevole che ieri nel mezzo migliaio di piazze a manifestare erano tre generazioni di tedeschi. Fa notizia a Berlino la famiglia Bürmann mobilitata al completo: dietro al cartello «CO2 is in the Air» i nonni Angela ed Eckard (73 e 75 anni) la figlia Mareike (42) insieme ai nipoti Hannes (12) Zeyneb (11) e Julian (8). Non sono più note di colore, ma la prova che il primo problema “politico” in Germania è di nuovo l’ambiente. Non succedeva dai tempi dell’uscita del nucleare.