Tre estati dopo la «maxi invasione» dei profughi, la cancelliera Angela Merkel raccoglie il primo frutto della «politica di benvenuto» che il ministro dell’Interno Horst Seehofer si ostina a voler demolire. Un risultato ufficiale, incontrovertibile dalla propaganda anti-immigrati alimentata dalla Csu o da Afd. Un record, che smentisce il mito della Germania «fucina di rifugiati» e prova, al contrario, che i profughi riempiono le fabbriche.

Da Norimberga l’autorevole Agenzia federale del Lavoro (Ba) certifica i 306.500 migranti con stabile occupazione nei 16 Land: ben 103 mila in più dell’anno scorso. Facendo sapere che «l’integrazione funziona molto bene», meglio delle aspettative. Merito dell’economia tedesca che traina il Pil (più 0,5%) e inchioda la disoccupazione al 5% (meno 0,6% rispetto al 2017) ma anche e soprattutto della «macchina» dell’accoglienza in grado di avviare nei Job Center 482mila richiedenti asilo, come di assistere gli attuali 187mila profughi senza impiego.

«Sono numeri buoni» sottolinea Detlef Scheele, presidente della Bundesagentur für Arbeit; a maggior ragione se «si tratta di persone arrivate in Germania per motivi umanitari e non per cercare un lavoro» aggiunge il capo della Ba, in carica da un anno (dopo un lustro come senatore Spd nel Parlamento di Amburgo). Mentre a Berlino il ministro del Lavoro socialdemocratico, Wolfgang-Hubertus Heil, registra l’altro eclatante dato sull’integrazione: i lavoratori migranti coperti dall’assicurazione socio-sanitaria sono passati dai circa 80mila del 2017 agli oltre 237mila della fine di luglio. Un primato emerso nel rapporto «Kompakt-Ein» della Ba, insieme al grafico che segnala come la lista dei profughi disoccupati sia cresciuta «solo» di 2mila persone, mentre l’elenco di chi cerca occupazione sia calato di ben 10mila.

Oggi i migranti senza lavoro rappresentano l’8% del totale della disoccupazione tedesca. La paventata «guerra etnica» con i tedeschi non c’è, né ci sarà dato che in maggioranza i rifugiati vengono impiegati in ambiti dove non è richiesta un’elevata competenza linguistica. Spiccano 23mila persone che a luglio erano orientate a un posto nel campo delle pulizie, 21mila aspiranti magazzinieri nella logistica, 15mila per la ristorazione e 11mila a caccia di un posto da venditore. La Ba calcola le loro chance di occupazione: «Da agosto 2017 a luglio 2018 i rifugiati che hanno trovato primo impiego, da soli o dopo aver frequentato un corso di formazione, sono stati circa 101 mila».