Oltre 145mila donne siriane, sole o con figli, sono scappate dalla Siria a causa del conflitto in corso. La maggior parte ha trovato rifugio in Giordania, Egitto, Libano e Iraq; hanno perso o lasciato i mariti in guerra e un quarto di loro vive in rischiose condizioni di povertà. Le loro storie sono state raccolte dall’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati in un report reso noto stamattina, all’interno del quale vengono effettuati focus sulle attuali vite delle donne siriane. Woman Alone – the Fight for Survival by Syrian Refugee Women si basa sulle testimonianze personali di 135 di queste donne, raccolte in un periodo di tre mesi durante il 2014. «Costrette ad assumersi la responsabilità esclusiva delle famiglie dopo che i loro uomini sono stati uccisi, catturati o allontanati, sono preda di una spirale di disagio, isolamento e ansia», scrivono i relatori del rapporto. L’ostacolo maggiore – si evince – è la mancanza di risorse.

La maggior parte di queste donne siriane, ovunque siano riparate, ha difficoltà a pagare l’affitto, a garantire il cibo alla propria famiglia. Alcune di loro hanno venduto le fedi nuziali, nel gesto disperato di ottenere quel piccolo gruzzolo in grado di garantire, per alcui giorni, il nutrimento dei figli. Molte hanno abitato in tende o accampamenti, altre vivono della generosità di chi non fa pagare loro l’affitto o garantisce un posto per dormire in una moschea. Un quarto di loro riceve assistenza in denaro da associazioni, ed è l’unica forma di sostentamento; dipendendo totalmente dagli aiuti, un terzo delle donne ammette di non avere abbastanza cibo per vivere. A questo si aggiunge una difficoltà storica, determinata dalle vicende politiche dei Paesi in cui le donne hanno trovato rifugio, basti pensare all’Egitto o all’attuale Iraq. L’Egitto – «che ha assistito ad un enorme cambiamento politico negli ultimi anni – ha introdotto delle restrizioni ai visti, creando non pochi problemi ai siriani in fuga dal conflitto. Le condizioni socio-economiche difficili e l’ambiente politico instabile hanno inoltre «complicato il lavoro delle agenzie umanitarie nell’aiutare queste comunità, anche a causa di crescenti tensioni con gli ospitanti».
Lo scopo dichiarato del report dell’Uhncr, mettendo in evidenza il numero e le condizioni di vita di queste donne, è quello di «chiedere un intervento urgente di nuovi donatori, di governi e agenzie internazionali». Nel percorso di queste donne, la fuga «è solo il primo passo di una vita di disagi», ha dichiarato António Guterres, dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati. «Hanno finito i soldi, devono affrontare ogni giorno minacce alla propria sicurezza, e vengono trattate come reiette, pur non avendo commesso alcun crimine. È vergognoso. Vengono umiliate per aver perso tutto».

Il 60 percento delle donne ha espresso sentimenti di insicurezza, una su tre si è detta spaventata e sopraffatta, alcune hanno il timore di lasciare la propria casa, altre fingono un’esistenza con il marito che non c’è, per la paura di violenze e umiliazioni. E, infatti, spesso il riparonon è migliore del luogo da cui si è fuggite: «Abbiamo lasciato la nostra casa in Siria, racconta una delle intervistate, per scoprire ben presto la miseria che ci aspettava qui in Egitto». Infine, la maggior parte delle donne intervistate ha raccontato che la loro più grande preoccupazione è l’impatto della vita da profughi sui propri figli: «Devo preoccuparmi per le finanze e per la scuola. Devo proteggere loro, e dare loro l’amore di una madre», racconta una di loro riparata in Egitto.

Altre temono che i loro figli stiano crescendo troppo in fretta, con troppi pesi sulle spalle. «I nostri ragazzi, dicono, sono già dei piccoli uomini, ci aiutano con il lavoro, corrono per aiutarci nelle commissioni e sviluppano il senso protettivo di un adulto». Le ragazze – a loro volta – si prendono cura dei fratelli e adempiono «alle faccende di casa». Anche di fronte a queste circostanze preoccupanti, specifica il report, «molte donne siriane hanno dimostrato una notevole intraprendenza nei paesi in cui hanno cercato e trovato rifugio».

Le storie in questo rapporto fanno emergere persone che stanno cercando di tirare fuori il meglio, da una situazione di disperazione. «I rifugiati e le comunità di accoglienza, così come l’Unhcr, conclude il rapporto – e i suoi partner, stanno cercando di mettere insieme ogni risorsa disponibile, per fornire loro supporto e assistenza».