Miami viene descritta come un paesaggio spettrale alla vigilia dell’arrivo dell’uragano Irma: la città, che ha ricevuto l’ordine di evacuazione obbligatorio, è deserta, le strade sono vuote e le vetrine dei negozi sono murate con pezzi di legno per arginare l’impatto che, anche se imprevedibile, si teme possa essere devastante.

Le autorità locali e federali non si stancano di ripetere di abbandonare i luoghi ritenuti più esposti all’uragano e tutti i consigli che questa evenienza porta con sé: procurarsi pile per un eventuale e temutissimo black out, cibo in scatola, acqua, mettere i documenti importanti nelle lavastoviglie, il luogo più sicuro per evitare di perderli o vederli distrutti.

Le autostrade continuano a essere piene di macchine di chi ha aspettato l’ultimo momento o è stato raggiunto solo ora da un’ordine di evacuazione.

«Abitare qua purtroppo dopo un po’ genera un senso di vaga onnipotenza – dice Pamela Serena, personal trainer italiana, in Florida da 20 anni – In molti stanno sottovalutando questo uragano, questi sconvolgimenti della natura non hanno mai uno svolgimento prevedibile. Anche l’anno scorso era stata annunciata la fine del mondo che poi non è arrivata, quindi pensi di poterlo fronteggiare a mani nude e che allontanarsi sia solo sottoporsi ad uno stress inutile. Non so se quanto sia colpa del sensazionalismo che accompagna gli annunci dei media americani: ogni volta annunciano anche una pioggia come il disastro epocale, una parte di colpa ce l’hanno. Un’altra certezza è che qua, nel sud della Florida, la teoria del cambiamento climatico non appare così tanto strampalata. Tre uragani in fila senza contare Harvey, questo non si era mai visto».

Ci sono altri due uragani nella stessa zona, Josè e Katia. L’uragano Katia, in azione nella parte sud-ovest del Golfo del Messico attualmente è di categoria 1, ben più debole di Irma, ma potrebbe intensificarsi fino a categoria 2. Dovrebbe arrivare sabato sulle coste dello Stato di Veracruz per poi perdere forza rapidamente mentre si dirige verso l’interno.

Josè, invece, anche se al momento è di categoria 1 e molto più lontano, a 1.500 km dalle Antille, preoccupa perché, oltre a potenziare la sua forza, potrebbe seguire una traiettoria del tutto simile a quella di Irma, andando di nuovo potenzialmente a investire i Caraibi e forse la Florida.

Questa serie di disastri naturali si abbatte metaforicamente anche sulla Casa Bianca dove in molti si chiedono se la linea di negazionismo climatico sostenuta da Trump (che definisce il climate change una bufala cinese per osteggiare l’economia americana) verrà ancora sostenuta con la stessa veemenza dal presidente.

Sono già sei gli uragani da inizio stagione nell’oceano Atlantico e due hanno raggiunto il rango di tipo major, categoria 4 o 5.

L’effetto degli uragani è stato anche quello di portare l’ultradestrorso presidente americano in carica a votare per il bilancio staccandosi dal suo partito e avvicinandosi ai democratici, in modo da avere abbastanza soldi per far fronte alle emergenze e alzando il tetto del debito, mossa questa tradizionalmente invisa al Gop.

«Repubblicani, mi dispiace, ma ho sentito parlare di sostituire l’Obamacare per 7 anni, non è successo! Peggio ancora, la regola del Filibuster al Senato ci fa tenere in ostaggio da 8 democratici», ha twittato Trump, invitando il partito all’unità e a votare compatto sulla riforma e i tagli fiscali, altro cruento terreno di scontro previsto per fine settembre.