Avrebbero avuto una età compresa fra i 30 e i 45 anni le persone – una cinquantina – che si sono recate al job center di Porta Futuro a Bari da martedì (giorno dopo lo spoglio elettorale) a ieri per richiedere i moduli per accedere al Reddito di cittadinanza promesso dal Movimento 5 Stelle in campagna elettorale. Situazione che si è ripetuta nei Caf di Giovinazzo (Bari), a Potenza e a Palermo. Erano persone «molto giovani», «semplici», «che fanno fatica a mettere insieme il pranzo con la cena», con un titolo di studio «medio» ha detto una funzionaria di Porta Futuro a Bari. Dopo aver spiegato che non esiste, al momento, il «reddito di cittadinanza», la funzionaria ha suggerito di usare gli strumenti esistenti come il reddito di inclusione e, in Puglia, il «reddito di dignità» (che non ha nulla a che vedere con quello promosso, tra gli altri, da Libera, tre anni fa.Considerato il profilo sociale, i richiedenti avranno avuto una delusione. Questi sussidi contro la povertà «assoluta» riguardano le famiglie numerose e poverissime, non i precari. Il «reddito» immaginato dai Cinque Stelle, invece, si rivolge a questi «invisibili», e a molti altri. Per questo riscuote interesse. «Vengono in tanti – ha detto un operatore del Caf di piazza Marina a Palermo – anche migranti». All’entrata dell’Ente Nazionale di Assistenza Sociale ai Cittadini è stato esposto un cartello, in italiano e in arabo, “in questo Caf non si fanno pratiche per il reddito di cittadinanza». In rete gira un modulo farlocco con il logo Inps e la scritta «Nun Teng Genio e Fatica», probabilmente creato per sbugiardare i Cinque Stelle o forse una «trollata» da social network.

PER I CINQUESTELLE pugliesi si tratta di “una nuova bufala” lanciata “da politici e giornali”. La notizia è apparsa sulla Gazzetta del Mezzogiorno, poi è stata ripresa dall’edizione locale di Repubblica, rilanciata da Radio Capital. Dalle dichiarazioni emerge in realtà una relativa tranquillità: le domande ci sono state, ma non file oceaniche di persone che chiedevano il reddito di cittadinanza. Sul «Blog delle Stelle» è stata improvvisata un’inchiesta e sono state pubblicate alcune foto. I Cinque Stelle hanno parlato con Franco Lacarra, direttore di «Porta Futuro» che ha confermato: «Non c’è stato alcun assalto». «Vogliamo chiarire che tutto ciò è normale – si legge sul facebook dell’ente – succede ogni volta che vengono divulgate notizie rilevanti per le politiche del lavoro».

ANCHE L’ASSESSORE alle politiche sociali di Giovinazzo, Michele Sollecito, ha confermato: «Non c’é nessuna nuova frenesia, ma curiosità sì». Una curiosità che si è trasformata inuna speculazione post-elettorale. Michele Anzaldi (Pd) è stato tra quelli che ha attribuito ai Cinque Stelle le responsabilità della «fake news» che non avevano creato. « Il grande inganno del reddito di cittadinanza è servito – ha rincarato la dose Maurizio Gasparri (Forza Italia) – I 5Stelle hanno ottenuto consensi al Sud perché hanno illuso i cittadini propagandando una misura di assistenza che è un grande bluff ». Non era vero.

GLI EPISODI, pur accaduti a quanto pare, si spiegano con il normale afflusso di persone che fanno richiesta dell’Isee (l’indicatore della situazione economica) per ottenere il «reddito di inclusione», è probabile che ne abbiano approfittato per chiedere informazioni sulla proposta del momento. «Spesso si fa confusione: c’è chi viene a chiedere il reddito di cittadinanza, ma intende “reddito di inclusione”, una misura che esiste già» ha confermato un operatore di un Caf di Salerno. La confusione è l’esito delle formule confusionarie, prodotte negli ultimi tre anni sia a livello centrale che locale. Il caso conferma la centralità del reddito, ma purtroppo anche la cornice in cui è stato recepito: i meridionali avrebbero votato M5S per la misura assistenzialistica. Un po’ come faceva Achille Lauro: una scarpa prima del voto, l’altra dopo. Un’altra fake news, un po’ razzista, a dire la verità.

NESSUNO DICE che questo reddito è concepito con la stessa logica del «reddito di inclusione» del Pd e di Renzi, ma con risorse incomparabilmente superiori: 1 miliardo contro 17 all’anno): reddito in cambio di lavoro obbligatorio, le premesse del workfare neoliberale. Soprattutto si dimenticano la necessità di tutela, espressa in autonomia, da persone che vivono di lavoro povero, precario, intermittente. I Cinque Stelle, a loro modo, lo hanno intuito, il Pd è stato devastato. La politica, in fondo, è semplice. Queste persone hanno bisogno di tutt’altro, a cominciare da un reddito universale e incondizionato.

***Per approfondire

***Perché la sinistra non ha capito nulla del “reddito di cittadinanza”
La “sinistra”, convinta “lavorista”, non ha compreso nulla della proposta di “reddito di cittadinanza” che sta facendo le fortune politiche del Movimento Cinque Stelle, né immagina le conseguenze di un sistema che rischia di creare un regime del lavoro coatto. Non è affatto “assistenzialismo”. Nella formulazione attuale è un’intensificazione delle politiche attive neoliberali. La storia di una progressiva, e inesorabile espulsione dalla nuova composizione sociale del paese. Il 4 marzo lo ha dimostrato in maniera clamorosa: oggi il reddito è terreno di battaglia politica. L’analisi

*** Reddito di cittadinanza, un termine trafugato dal Movimento Cinque Stelle (Marco Bascetta)
Oggi designa un sussidio in tutto e per tutto simile a quelli previsti nella logica della “lotta alla povertà” che si propongono di piegare, in un modo o nell’altro, comunque eterodiretto, i percettori temporanei del reddito alla disciplina di un lavoro purchessia. In realtà questo reddito non è rivolto all’indigenza degli “esclusi”, ma alla povertà attiva strutturalmente inclusa nel modo di produzione capitalistico contemporaneo

*** La scheda: come funzionerà e sarà finanziato il reddito “a Cinque Stelle”
Il reddito di cittadinanza del Movimento Cinque Stelle consiste in 780 euro al mese (9.360 euro all’anno). Una cifra calcolata sulla base del 60 per cento del reddito mediano netto in Italia, ponderato per la composizione del nucleo familiare. Secondo l’Istat (dato del 2015), costerebbe 14,9 miliardi di euro. Sarebbe finanziato, tra l’altro, dalla spending review alla spesa della P.A (2,5 miliardi di euro); dall’aumento della tassazione di banche e assicurazioni (2 miliardi); dall’aumeno dei costi per le trivellazioni (1,5 miliardi); dalla tassazione sul gioco d’azzardo (1 miliardo); dalla riduzione delle indennità ‘parlamentari (600 milioni) e, via via, fino al taglio ai finanziamenti all’editoria (23 milioni).Si rischia di danneggiare media indipendenti per finanziare un sistema di «workfare» neoliberale.Il sistema prevede che i beneficiari forniscano immediata disponibilità. Se rifiutano tre proposte di lavoro perdono il sussidio. In più i 780 euro andranno a calare con il tempo. Al termine del percorso (12 mesi, 2 anni?) il reddito potrebbe non servire più. L’obiettivo è immaginato su una discutibile lettura del ciclo economico. In cambio il soggetto dovrà «erogare otto ore di lavoro gratuito per lo Stato». Il rischio è creare un sistema che razionalizza il lavoro gratuito.