Ben 184 contagiati su 560 addetti presenti al lavoro. Ma lo stabilimento Aia di Vazzola (Treviso) rimarrà aperto.

L’incredibile decisione è arrivata al termine di un vertice alla prefettura di Treviso dove autorità sanitarie e di governo hanno appoggiato la decisione dell’azienda (gruppo Veronesi) leader nell’industria alimentare del pollame.

E una delle motivazioni non secondarie è stata che l’interruzione dell’attività di macellazione avrebbe comportato «l’abbattimento di circa 1,5 milioni di capi di pollame». Pratica che certamente avrebbe «ripercussioni non semplici sul fronte igienico sanitario» – il cosiddetto «benessere animale» – ma che nasconde la vera ragione: la perdita economica che l’Aia avrebbe dovuto sopportare, stimata in «parecchi milioni di euro». Milioni che evidentemente valgono più della salute di lavoratori e loro famiglie.

Ecco dunque che ieri pomeriggio il vertice in prefettura fra azienda, Ulls (l’Asl in stile veneto) e sindacati si è concluso con la comunicazione del viceprefetto Antonello Roccoberton: «A conclusione di un ampio dibattito – si legge nella nota della prefettura di Treviso – si è convenuto sulla circostanza che, allo stato attuale, non sussistano i presupposti per imporre, da parte dell’autorità sanitaria, la chiusura dello stabilimento, anche perché la percentuale dei positivi al Covid-19 sul totale del personale sottoposto a tampone, corrispondente circa al 30% (in realtà quasi il 32%, ndr), e in merito alla asintomaticità dei lavoratori risultati positivi».

Una decisione che non ha convinto soprattutto la Cgil. «Noi – spiega Rosita Battain, segretaria provinciale della Flai Cgil – abbiamo espresso perplessità perché il dato citato dall’Asl ci pare ribaltato. Ci dicono: “I contagiati sono pochi”, ma a noi sembrano tantissimi».

La spiegazione delle autorità sanitarie venete è però appoggiata anche dal sindaco di Vazzola – 7 mila anime – Giovanni Domenico Zanon (Lega-Forza Italia). «Il Covid è sul territorio, in azienda non c’è alcun focolaio», dato dimostrano citando «gli ultimi 70 tamponi fatti a lavoratori che erano in ferie o a casa da molte settimane e dei quali 20 sono stati trovati positivi asintomatici».

Ma la Flai Cgil non è per niente convinta: «Non siamo medici né tecnici – premette Rosita Battain – ma ci rimane la perplessità perché i primi 30 tamponi sono stati fatti nella ristretta cerchia dei primi 3 lavoratori sintomatici hanno dato ben 22 positività. In più anche fra gli addetti della cooperativa esterna ci sono stati parecchi positivi».

Lo stabilimento Aia Agricola Tre Valli di Vazzola conta 700 addetti, la maggior parte di origine straniera: senegalesi, nigeriani, marocchini, rumeni. Tutti però ben inseriti sul territorio da tempo con famiglie che vivono nei comuni limitrofi del Coneglianese. Gli italiani sono circa il 10 per cento del totale. «Ci sono molti lavoratori che hanno preoccupazione per loro e per i familiari. Noi abbiamo posto un tema di salute a 360 gradi all’azienda e abbiamo consigliato ai lavoratori di coordinarsi col medico curante anche in caso di semplice paura, pronti a coprirli sindacalmente in caso di bisogno», spiega ancora Rosita Battain.

Se l’Aia è considerata comunque azienda attenta alla sicurezza e rispettosa dei protocolli anti Covid («I lavoratori lavorano bardati dalla testa ai piedi, sembrano astronauti»), il sindacato indica un punto debole preoccupante: «nel sito di Vazzola la difficoltà è negli spogliatoi e nelle aree comuni, gli armadietti sono vicini e promiscui».

Durante le ferie poi l’azienda ha ridotto da due ad un solo turno, aumentando dunque i contatti. Allo scoppio del contagio poi al turno unico s’è aggiunto il trasferimento di alcune lavorazioni (non lavoratori) in altri stabilimenti.

«L’azienda ha comunicato che dalla prossima settimana si tornerà a due turni con personale ridotto e quindi maggiore distanziamento», sottolinea Andrea Meneghel, segretario generale della Fai Cisl Belluno Treviso.

In più il sindacato ha almeno spuntato l’introduzione di termoscanner, convocazioni frequenti del comitato aziendale Covid 19 («gli Rls hanno scoperto il numero di positivi dai giornali e non dall’azienda») e la promessa di test rapidi da ripetersi nelle prossime settimane.