Il distanziamento sociale ha risparmiato oltre tre milioni di vite in Europa. È la stima pubblicata ieri sulla rivista Nature dal gruppo di ricerca dell’Imperial College di Londra guidato da Neil Ferguson. Senza la chiusura delle scuole e il lockdown, il bilancio complessivo negli undici paesi europei più colpiti sarebbe arrivato a 3 milioni e 200 mila, contro i 130mila registrati effettivamente al 4 maggio, ultima data a cui fa riferimento lo studio.

Per determinarlo, gli epidemiologi hanno teorizzato ciò che sarebbe accaduto se l’indice di trasmissione (il famigerato R0 che misura la velocità di trasmissione) fosse rimasto uguale al valore iniziale. Cioè, per fare un esempio a noi familiare, se dopo i casi di Codogno tutto fosse continuato come se nulla fosse. Questo scenario – con tutte le incertezze dei modelli teorici – è stato confrontato con quanto è successo davvero nei vari paesi.

«I nostri dati suggeriscono che senza lockdown e chiusura delle scuole il Covid-19 avrebbe provocato molte più vittime» racconta Samir Bhatt, uno degli autori. «L’indice di trasmissione oggi è sotto controllo in tutti i paesi europei che abbiamo studiato, rispetto ai livelli molto elevati dell’inizio dell’epidemia. L’analisi suggerisce che il numero reale di infetti in questi paesi è molto più elevato di quanto stimato in precedenza».

Secondo lo studio, per esempio, la percentuale di persone infette in Italia è del 4,6%, cioè poco meno di tre milioni di persone e oltre dieci volte il valore ufficiale registrato dalle autorità sanitarie. Il paese con il più alto tasso di infezioni è il Belgio, dove l’8% della popolazione è entrato in contatto con il virus secondo lo studio londinese. Seguito dalla Spagna con il 5,5% di popolazione infetta.

I provvedimenti anti-pandemia non hanno avuto ovunque la stessa efficacia. In Germania e Austria, le misure hanno abbattuto del 99% il bilancio delle vittime. In Italia, Francia e Spagna è stato risparmiato il 95-96% delle vittime potenziali. In Svezia, unico paese in cui non è stato adottato un vero lockdown tra quelli considerati, la diminuzione delle vittime rispetto a quelle potenziali è il 90%, il valore minimo. In Svezia, tra l’altro, il virus si è diffuso con una velocità più bassa che altrove: l’indice di trasmissione non ha mai superato il valore di 2,7, mentre in tutti gli altri paesi è stato superiore a 3 e in molti anche a 4.

Se da un lato questi dati confermano l’efficacia del lockdown, dall’altro dimostrano che la modalità di attuazione e il tempismo sono altrettanto importanti. Il Belgio, ad esempio, ha effettuato un lockdown ma la percentuale di vittime risparmiate è stata del 93%, una performance più vicina a quella svedese che a quella tedesca. Inoltre, allargando lo sguardo al panorama internazionale, tra i paesi che hanno contenuto meglio il virus ve ne sono alcuni in cui non si è adottato un vero lockdown, come Giappone e Corea del Sud. Fattori come il tracciamento dei contatti, la disponibilità di test, mascherine e terapie intensive e l’efficienza della sanità territoriale possono essere altrettanto determinanti. Il dibattito sulla migliore strategia anti-pandemia è destinato a durare a lungo.