Una percentuale di votanti tra le più alte d’Italia e il 96% di sì al referendum non sono bastati a scuotere l’inerzia del consiglio comunale e provinciale di Torino. Al Comitato Acqua Pubblica non è rimasto che ricorrere a uno dei pochi e spuntati strumenti di democrazia diretta disponibili e, sostituendosi ai consiglieri eletti in Comune e Provincia, ha presentato in entrambi gli Enti una deliberazione di iniziativa popolare, sostenuta da migliaia di firme, per trasformare la nostra azienda dell’acqua Smat spa in azienda speciale consortile di diritto pubblico e metterla così al riparo dalla privatizzazione.

L’iter in consiglio comunale è stato travagliatissimo e irto di ostacoli, superati con tenacia uno dopo l’altro finché la delibera è arrivata finalmente al voto in Sala Rossa. Ma qui un colpo di mano del capogruppo Pd, seguito a ruota dal Pdl – e a totale insaputa del Comitato Acqua Pubblica – ha manipolato con 15 emendamenti il testo della delibera per allontanare il più possibile nel tempo l’effettiva trasformazione di Smat in Azienda speciale di diritto pubblico.

Il 4 marzo scorso il Consiglio comunale di Torino ha dato 90 giorni di tempo alla Giunta per effettuare «una attenta analisi costi-benefici in termini patrimoniali, giuridici, fiscali ed economici (…); previa verifica di sostenibilità del piano d’ambito dell’Ato e dei piani di investimento adottati dall’Azienda; previa verifica della disponibilità dei Comuni soci Smat spa con popolazione inferiore ai mille abitanti a aderire all’azienda speciale consortile al fine di salvaguardare dalla frammentazione il Servizio Idrico Integrato dell’Ambito». Alla scadenza dei 90 giorni il sindaco, in un incontro ufficiale con il Comitato Acqua Pubblica era sembrato rassicurante ma poi la Giunta si è presentata in Commissione non con i risultati della verifica, ma con un documento che riproponeva tutti i quesiti, dubbi, negatività che sembravano essere stati superati e aggiungendone di nuovi, altrettanto se non più pretestuosi.
L’intento dilatorio è evidente, poggia sull’anima privatizzatrice di gran parte della maggioranza Fassino e sulla speranza di riuscire a logorare il Comitato Acqua Pubblica Torino la cui esperienza sul terreno della democrazia diretta e partecipativa appare del tutto anomala e perciò scomoda e incomprensibile ai mestieranti della politica.

La triste conferma arriva il 23 luglio quando i consiglieri provinciali fino ad allora in sonno, vengono risvegliati dal capogruppo Pd e per la prima volta, pare, nella storia dell’Ente, presentano una delibera d’iniziativa consiliare e se la votano quasi all’unanimità per dire che la trasformazione di Smat non s’ha da fare e spacciano come «blindatura» contro l’ingresso dei privati la modifica statutaria che eleva l’attuale quorum deliberativo dal 75% al 90%. Ma è uno specchietto per le allodole: una volta che Smat avrà completato l’acquisto delle azioni «dei soci che non sono tributari di alcuna competenza nella gestione del servizio idrico», queste azioni, diventando azioni proprie, perdono il diritto di voto e il quorum scende così dal 90% al 73%. È anche prevista la riduzione al 20% degli utili da distribuire ai soci, vincolando l’80% al reivestimento in azienda. E poi la ciliegina che adombra «forme di partecipazione dei cittadini utenti e dei lavoratori ai fini dell’informazione e del coinvolgimento nelle scelte qualificanti».

Resta da vedere se e come il Comune di Torino e gli oltre 280 Comuni soci Smat condivideranno questi indirizzi gattopardeschi che cambiano qualcosa perché tutto rimanga come prima. È la sfida che ci attende e la stiamo affrontando al nostro meglio, a partire dalla decisione del Forum italiano dei movimenti per l’acqua di portare proprio a Torino, con il convegno di oggi (info su www.acquapubblicatorino.org), le prove che in Italia e in Europa la rimunicipalizzazione si può, e quindi si deve, fare.