Ogni tentativo di portare la pace in Etiopia da parte del primo ministro Abiy Ahmed, sembra trasformarsi in un boomerang che torna indietro per far cadere il governo. Oggi nel Tigray, stato settentrionale della Repubblica federale democratica etiope, i cittadini sono chiamati alle urne dai dirigenti locali per le elezioni regionali che si sarebbero dovute svolgere in agosto con le legislative, ma che il governo centrale ha rimandato a data da destinarsi causa emergenza Covid.

AL VOTO PRENDERANNO PARTE 4 milioni e 300 mila tigrini, gruppo etnico che per oltre vent’anni, fino all’arrivo di Abiy Ahmed, ha rappresentato la classe dirigente del paese con il Tigray People’s Liberation Front (Tplf). È l’ennesima sfida per il Nobel per la pace Ahmed.

Il voto malgrado i divieti di un singolo stato federale in un paese composto da nove stati regionali divisi per costituzione su base etnica, si somma agli ostacoli che il governo incontra nel mantenere la promessa di pace iniziale. E, mentre l’epidemia di Covid-19 avanza, dopo che gli Stati uniti hanno tagliato 130 milioni di fondi al paese a causa delle inconcludenti trattative sul riempimento della Grand Ethiopian Rainassence Dam, il rischio caduta per conflitto interno sembra avanzare.

La causa sarebbe proprio il partito tigrino che ha guidato l’Etiopia in maniera autoritaria per decenni e dal quale il primo ministro ha voluto prendere le distanze fondando il Prosperity Party (Pp) nel dicembre 2019.

Un altro boccone amaro, dopo che l’Oromo Liberation Front (Olf), guidato dal magnate dei media Jawar Mohammed, aveva spezzato in due il gruppo etnico di maggioranza a cui appartiene anche Abiy Ahmed, riuscendo con un’abile retorica a dividere gli oromo pan-etiopi dagli etno-nazionalisti, colpendo il solido bacino di elettorato del premier.

GLI ATTIVISTI DELL’OLF inoltre, sarebbero gli stessi che il 29 giugno, secondo il governo, avrebbero ucciso Hachalu Hundessa, il cantante molto amato per le sue canzoni rivoluzionarie, scintilla che in luglio è degenerata nell’uccisione di oltre cento persone di etnia amhara, spingendo il paese sull’orlo della rivoluzione civile. Il governo ha risposto con migliaia di arresti e un’inchiesta che ha individuato i mandanti delle stragi in cellule tigrine parte di un movimento anti-governativo più ampio, nazionale e internazionale.

ASTER CARPANELLI, ATTIVISTA di etnia tigrina, spiega che «i dirigenti del Tplf detengono ancora il potere nello stato del Tigray, sul territorio sono utilizzati ancora i vecchi metodi del terrore per spingere i cittadini a compiere ogni genere di azione, per questo si teme che le elezioni potrebbero essere manipolate. Il Tplf è stato al potere per 27 anni – prosegue Carpanelli -. molti dei dirigenti politici si sono autoisolati nella regione e si dice che una grande parte dei fondi raccolti in quei decenni potrebbe essere oggi in gioco per influenzare la politica nazionale etiope».

ALLA PROPOSTA DI ASPETTARE la fine dell’epidemia per le elezioni nazionali, gli ex dirigenti tigrini del Tplf hanno ribattuto: «Qualsiasi tentativo del governo centrale di fermare o interrompere l’elezione del Tigray, equivarrà a una dichiarazione di guerra».