Dopo la nazionalizzazione di cliniche e ospedali, la Santa Sede teme ora per i propri istituti scolastici in Eritrea. In qualsiasi momento Asmara potrebbe ordinare il “passaggio di consegne” delle 150 strutture scolastiche gestite dalla Chiesa cattolica. Un’azione che godrebbe di una formale legittimità giuridica perché conforme a quanto dispone la legge n.73 del 15 luglio 1995. Norma che, stabilendo come valore assoluto la laicità dello Stato, pone di fatto sotto controllo del governo tutte le attività sociali, educative e sanitarie.

Dietro l’applicazione di tale provvedimento, potrebbe celarsi la volontà del presidente Isaias Afewerki di sbarazzarsi di una presenza ingombrante, più volte promotrice di un processo di riconciliazione nazionale. La Chiesa cattolica non è nuova a questo genere di attacchi. Lo scorso 12 giugno, uomini in divisa si sono presentati presso 21 centri sanitari di proprietà della Chiesa pretendendo la consegna immediata delle chiavi. Come denunciato dal Consiglio dei gerarchi cattolici, i militari non hanno mancato, in diverse occasioni, di ricorrere all’uso della forza. «Sono stati visti intimidire il personale delle nostre cliniche, costringere i pazienti a evacuare i locali, in alcuni casi hanno perfino circondato e sorvegliato le case dei religiosi». Le autorità ecclesiali eritree denunciano anche l’arresto di 104 fedeli pentecostali e 5 ortodossi nelle ultime settimane.

La confisca delle strutture sanitarie danneggia tutti. Ogni anno, le strutture ospedaliere della Chiesa davano ricovero a 200mila persone. Circa il 6% della popolazione. Un servizio garantito per tutti, capace di compensare alle gravi mancanze dello Stato. Soprattutto nelle zone rurali, maggiormente afflitte dalla povertà.

Alle rimostranze dei vescovi, le autorità eritree hanno risposto facendo orecchie da mercante. Giustificando il proprio operato in nome della legge. Per don Mussie Zerai, sacerdote della diocesi di Asmara e presidente dell’agenzia d’informazione Habeshia, il regime, pur di colpire la libertà religiosa e la libertà di azione della Chiesa è giunto al punto di «violare le sue stesse leggi». La normativa in questione consente infatti alle associazioni private di operare nei settori sanitario ed educativo, purché siano in linea con i programmi e le direttive governative. In questo senso, come riporta Habeshia, «le strutture cattoliche hanno sempre rispettato e cooperato con il ministero di riferimento per svolgere il loro servizio».

Al di là delle controversie giuridiche, l’ipotesi più accreditata tra gli analisti, è che questo improvviso irrigidimento del regime nei confronti della Chiesa cattolica sia una rappresaglia. Lo scorso aprile, i vescovi, – nell’ottimismo generale a seguito dalla pace siglata con l’Etiopia – avevano invocato in una lettera pastorale «l’avvio di un processo di riconciliazione nazionale che garantisse giustizia sociale per tutti». La speranza era accompagnata da consigli per superare la difficile situazione del Paese. Ai vertici d’Asmara evidentemente non sono andati giù.