Un selfie lo seppellirà: l’ultima battaglia contro il regime del presidente al-Sisi viene combattuta a colpi di smartphone. Twitter è stato invaso: centinaia di egiziani si sono fotografati e hanno inviato la foto su un tweet con l’hashtag #DoesThePhoneCameraShakeYou. La campagna, lanciata giovedì, chiede la scarcerazione dei membri del gruppo satirico Aftal al-Shawarei (Bambini di Strada), famosi per video ironici girati per le strade e per video-selfie in cui raccontano la vita quotidiana sotto dittatura.

Un selfie, così, è stato scelto come mezzo per fare pressione e ottenere il rilascio dei 5 ragazzi, detenuti con l’accusa di insulti alle istituzioni dello Stato e incitamento al golpe. Tra i tanti utenti ci sono anche nomi noti: il fumettista brasiliano Carlos Latuff, il comico egiziano Bassem Youssef e il fondatore della campagna “Siamo tutti Khaled Said”, Abdelrahman Mansour. Che spiega bene le ragioni dietro l’originale protesta: «Una campagna di selfie è stata lanciata per chiedere il loro immediato rilascio ma anche per domandare all’attuale regime perché si sente così minacciato da dei bambini con una telecamera».

Fuori dal web, a muoversi sono invece le associazioni egiziane: ieri 13 organizzazioni non governative hanno denunciato in un comunicato congiunto le violazioni commesse dallo Stato tra il 15 e il 27 aprile, dalla prima manifestazione anti-governativa scoppiata per la cessione delle isole Tiran e Sanafir all’Arabia Saudita fino alla seconda. Le ong hanno registrato 1.277 arresti (persone accusate di aver preso parte a proteste non autorizzate o di incitamento alla violenza), una generale assenza di processi equi e condizioni di detenzione pessime, in celle affollate e senza assistenza medica.

In tale contesto di repressione istituzionalizzata si inserisce il rapporto pubblicato ieri dal Government Accountability Office (Gao), agenzia governativa Usa che monitora a nome del Congresso le spese del governo: sotto i riflettori sono finiti i miliardi di dollari in armi inviate al Cairo e non più tracciabili. Impossibile sapere come siano stati utilizzati. In particolare l’agenzia punta sull’equipaggiamento anti-sommossa che potrebbe essere stato usato per compiere abusi dei diritti umani contro la popolazione.

Il Dipartimento di Stato non è in grado – spiega il Gao – di dimostrare come armi per un valore totale di 6.5 miliardi di dollari (arrivate al Cairo tra il 2011 e il 2015) siano state effettivamente utilizzate, sia per una generale incapacità Usa di controllare sia per l’assenza di collaborazione nel monitoraggio da parte delle autorità egiziane. Il tutto in vista della consegna di un altro miliardo e 300 milioni di aiuti militari.