Tre, secondo il politologo dell’università di Madrid Carlos III Pablo Simón, erano gli scenari possibili ieri. «Il meno probabile era che Puigdemont dichiarasse di non poter andare avanti e facesse un passo indietro. Il secondo che facesse una dichiarazione di indipendenza e vi associasse misure per prendere il controllo delle infrastrutture dello stato (porti, aeroporti…) come forse avrebbero voluto alcune componenti del suo governo. E infine la terza, la più probabile, è quella che è avvenuta: una dichiarazione di indipendenza, ma la cui esecuzione venga differita, senza misure concrete oltre a un annuncio».

 

intervistato catalogna pablo simon

Che farà Mariano Rajoy?

Finora gli è convenuto non fare nulla. Perché avrebbe dovuto? Il governo sapeva che la strategia migliore era quella di attendere che venisse celebrato il primo ottobre, nella speranza che si rompesse la coalizione che regge il Govern, che è molto eterogenea.

E oggi che succederà?

La dichiarazione è stata davvero soft, non ci sono stati neppure tempi per la dilazione. Senza voto non c’è nessun atto da impugnare davanti al Tribunale costituzionale. Il governo potrebbe sempre applicare l’articolo 155 solo su misure concrete, rispondendo una per una alle decisioni prese via via dell’esecutivo catalano. Ma potrebbe anche non fare nulla, e lasciare che i catalani cuociano nel loro brodo.

La scelta estrema sarebbe un 155 «duro».

Potrebbero chiedere al governo catalano di ritirare la dichiarazione entro 24 o 48 ore, e poi fare una seduta del Senato con discussione express. Questo potrebbe portare a togliere attribuzioni di base alla Catalogna, come la stessa presidenza, l’amministrazione pubblica, i mossos o le finanze catalane. Ma non gli conviene. Darebbe tempo alle proteste cittadine di organizzarsi, ci sarebbe tensione e il governo non controlla bene il territorio. Inoltre l’applicazione del 155 può essere solo temporale, prima o poi bisogna ristabilire l’autonomia e andare a elezioni.

A chi conviene la situazione?

Agli indipendentisti conviene forzare la macchina perché il governo attivi il 155, ma senza sembrare i colpevoli. In questo modo potrebbero aumentare il loro appoggio. Invece al governo conviene aspettare che le pressioni economiche facciano il loro effetto o che la coalizione si rompa. Difficile. Perché il Govern sostiene che è obbligato a compiere solo le leggi catalane, non si può risolvere facilmente perché continueranno a prendere decisioni fuorilegge. Forse se non fossero state approvate le leggi del referendum e della transitorietà giuridica in quel modo a settembre saremmo davanti a un altro scenario. Ma il diavolo è sempre nei dettagli: dipenderà da come vorrà applicarlo il governo.

Scusi, ma non vede altre strade percorribili, tipo il dialogo?

A breve termine, no. Mi spiace, ma non credo ci siano risposte ottimiste. Il dialogo è impossibile in questo momento, se Rajoy cede lo depongono, la tensione è altissima. A lungo termine, dipenderà molto da quello che si farà in questa fase e come. Bisognerà avere molta immaginazione. Le ore decisive sono queste. In qualche momento si dovrà tornare alla legalità e risolvere il problema dell’incastro costituzionale, ma non vincerà nessuno, sarà più un ripartire i costi.

E Podemos? Che ruolo giocherà?

A medio termine importante. Ma ora sono intrappolati in questa logica polarizzata. La stessa Ada Colau è sottoposta a enormi pressioni. Soprattutto la sinistra in questo momento è intrappolata e non è facile uscirne.