Sempre più incerte le sorti del settore edilizio. Risente della crisi anche il gigante Italcementi, che minaccia la chiusura del cementificio di Scafa (vicino Pescara) e la revisione dell’intero piano occupazionale 2013-2014, rispetto agli accordi presi coi sindacati lo scorso gennaio.

Ieri i 130 lavoratori dell’impianto abbruzzese, i rappresentanti dei sindacati e gli enti locali coinvolti hanno presentato un documento congiunto che verrà discusso domani a Roma, durante l’incontro col ministro per le riforme Gaetano Quagliarello e il sottosegretario Giovanni Legnini.

Italcementi è il quinto produttore mondiale di cemento e il primo produttore nazionale. Le società del gruppo sono sparse in 22 paesi e in 4 continenti, attraverso un dispositivo industriale di 53 cementerie, 10 centri di macinazione, 7 terminali, 449 centrali di calcestruzzo e 115 cave di inerti. La sede pricipale si trova a Scanzo in provincia di Bergamo, dove l’azienda fu fondata nel 1864. Nel 2012 Italcementi Group ha registrato un fatturato consolidato di circa 4,5 miliardi di euro, con una quota di mercato che supera il 30% del settore.

A spiegare l’effetto della crisi su questa multinazionale è Mauro Livi, delegato nazionale Fillea Cgil, membro della delegazione che domani a Roma intende discutere della vertenza di Scafa e porre l’accento sulladrammatica situazione dei lavoratori nel settore edilizio.

Secondo l’Ance Confindustria negli ultimi 5 anni si sono persi oltre 690 mila posti di lavoro. Anche i dati Istat sugli indici di maggio 2013 parlano di un calo della produzione edilizia di oltre il 15%, rispetto allo stesso periodo del 2012.

«L’andamento dell’azienda è legato alla crisi del cemento e calcestruzzi – riprende Livi – Il punto più alto si è avuto nel 2008 con 47 milioni di tonnellate come produzione complessiva. Oggi siamo intorno a 20 milioni, meno della metà in 5 anni. Nel 2008 Italcementi contava più di 3 mila dipendenti sul territorio nazionale, oggi sono circa 2500».

Questa volta non c’entrano le delocalizzazioni, il mercato edilizio da gennaio ad aprile 2013 ha subito un calo del 18,2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e non si avvertono per il momento segnali di ripresa. Il sindalista Cgil racconta che finora si sono mantenuti aperti tutti i siti italiani e, grazie all’utilizzo degli ammortizzatori sociali, sono stati evitati drastici tagli occupazionali. Si sono ridotti gli orari di lavoro e si è accompagnato il personale più anziano alla pensione, ricompensandolo con gli incentivi della Cig.

«Non possiamo accettare cambiamenti sugli accordi presi per il 2013 -2014 – conclude il rappresentante del sindacato – La lunghezza della crisi sta logorando questi strumenti, per cui i dipendenti che in futuro perderanno il posto non potranno beneficiare degli incentivi finora avuti dai loro colleghi. L’incontro a Roma verterà su Scafa, ma sono a rischio anche i lavoratori dei cementifici di Porto Empedocle, Vibo Valentia e Bergamo». Non si escludono iniziative nazionali, anche a seconda delle risposte che darà l’incontro di domani.