Dopo i 92 milioni di euro stanziati per il tracciamento e i 45 per le mascherine, ora si attendono investimenti per fornire alle scuole sistemi di ventilazione adeguati per le aule. «Un tavolo operativo di confronto con i rappresentanti degli enti locali, Anci e Upi, in modo da produrre un cambio di passo sul fronte dei dispositivi di aerazione e ventilazione nelle aule» è la proposta del sottosegretario leghista all’istruzione Rossano Sasso. Già nel decreto «Sostegni» del marzo 2021 le scuole avevano ricevuto 150 milioni per acquistare «dispositivi di protezione e materiali per l’igiene individuale e degli ambienti». Secondo una circolare attuativa del ministero dell’Istruzione, sotto quella voce rientravano i «dispositivi di areazione e ventilazione». La ventilazione però non era prevista espressamente nel protocollo stilato dal Cts lo scorso luglio, che ha fissato le norme per la riapertura delle scuole. Gran parte degli istituti si sono affidati alle finestre per il ricambio dell’aria e i soldi del decreto sono finiti altrove.

FINORA, A PARTE iniziative di singoli dirigenti scolastici, sulla ventilazione meccanica ha puntato solo la regione Marche, che ha stanziato 12 milioni di euro per dotarne la metà delle scuole della regione. «Continueremo su questa strada per raggiungere la copertura totale delle aule delle nostre scuole», scrive su Facebook il governatore delle Marche Francesco Acquaroli (Fratelli d’Italia). «A fine pandemia, la ventilazione meccanica delle aule, promossa recentemente anche dall’Oms, sarà fondamentale per garantire ambienti salubri per i nostri ragazzi».

IN REALTÀ, NON C’È un consenso tra gli epidemiologi sulla maggiore efficacia dei dispositivi meccanici rispetto all’apertura periodica o continuativa delle finestre nelle aule, ai fini della prevenzione del contagio.

«La ventilazione è la migliore soluzione “naturale”» ha scritto Carla Ancona, vicepresidente dell’Associazione Italiana di Epidemiologia (Aie) ed esperta degli effetti sulla salute della qualità dell’aria. «Aprire le finestre, magari 10 minuti a ogni cambio dell’ora, può essere efficace nel ridurre la concentrazione del virus nell’aria». Paradossalmente, quando fa freddo il ricambio avviene più velocemente. «La differenza tra la temperatura interna ed esterna spinge l’aria con più forza, dunque il tempo necessario al ricambio è minore».

SUI SISTEMI più tecnologici, invece, Ancona suggerisce cautela. Tutta da dimostrare, ad esempio, l’efficacia dei sensori di anidride carbonica. Quando l’aria ristagna da troppo tempo, la concentrazione dell’anidride carbonica sale a causa dell’attività respiratoria di alunni e insegnanti. Il sensore dovrebbe segnalare che è il caso di cambiare l’aria. «Ma non si sa ancora quale sia la relazione tra il tasso di anidride carbonica e quello del virus presente nell’aria» segnala l’epidemiologa. «Dunque il sistema può portare sia alla sopravvalutazione del rischio che alla sottovalutazione, inducendo un senso di falsa sicurezza e diminuendo l’attenzione nei confronti di altri strumenti, come le mascherine».

ANCHE IL RICORSO a depuratori dell’aria deve essere soppesato. «Quelli basati sull’emissione dell’ozono possono essere pericolosi, perché si tratta di un gas irritante per chi lo respira».

Più sicuri i filtri «Hepa» (sigla di High Efficiency Particulate Air») o a raggi ultravioletti. Ma questi dispositivi richiedono «una valutazione attenta delle dimensioni del dispositivo in funzione dell’ambiente, una manutenzione frequente che nelle scuole non è sempre garantita. Il rumore continuo può penalizzare la didattica» secondo Ancona.

«Sono dispositivi il cui prezzo varia moltissimo, e anche l’efficacia potrebbe avere livelli molto diversi a seconda della scelta». Prima di sprecare denaro pubblico, sarebbe meglio confrontare il numero di classi in quarantena in scuole ventilate e in scuole non ventilate per valutare l’impatto delle strategie migliori, al netto dei tanti fattori confondenti. «Infine – sottolinea Ancona – c’è la questione delle disuguaglianze: l’adozione di sistemi costosi rischia di allargare le disparità tra scuole di serie A e B, soprattutto se il governo non stanzierà fondi a sufficienza». In alcune scuole del Regno Unito i genitori hanno proposto di acquistare i dispositivi per le classi dei propri figli, ma non tutte le famiglie possono permetterselo.
Anche questo effetto collaterale dovrà essere messo in conto.