Mentre cinque milioni di studenti delle scuole dell’infanzia sono tornati a fare lezioni in presenza in tutto il paese, ieri la rete degli studenti medi e il movimento di genitori e docenti »Priorità alla scuola» ha organizzato una mobilitazione con la rete degli studenti medi in 19 città. Le richieste sono: screening sanitario completo e permanente e inserimento come categoria prioritaria della comunità scolastica nella «fase uno» delle vaccinazioni per garantire un ritorno in classe in sicurezza di tutti. Ieri il commissario all’emergenza Arcuri ha parlato di vaccino al personale scolastico a partire da febbraio. Nel frattempo quasi tre milioni di studenti delle scuole superiori che, ufficialmente, torneranno in presenza lunedì 11 ma solo a metà (50%)e solo in dieci regioni. In tutte le altre dovranno aspettare fino al 25 (Campania) o il primo febbraio (Veneto, Friuli, Marche).

La giornata è iniziata presto con un flash mob al ministero dell’Istruzione a Roma. Le richieste del movimento sono state avanzate anche a piazza Affari e alla regione Lombardia a Milano. Una manifestazione molto partecipata anche dai collettivi dove studenti e insegnanti hanno fatto la Dad in piazza. Poi a Bologna e Torino. E a Faenza la docente Gloria Ghetti, docente di filosofia del liceo Torricelli-Ballardini, ha occupato simbolicamente la sua scuola. «Così forse capiscono meglio il bisogno che abbiamo di tornare a scuola e restarci in sicurezza- ha spiegato in un video – Questo significa garantire a tutti uno screening capillare periodico con test rapidi e inserire il personale nella fascia uno della somministrazione del vaccino».

La mobilitazione si è snodata anche a Salerno, Massa Carrara, Modena, Pontedera, Prato, Pisa, Firenze, Cremona, Brescia, Treviso e Padova. A Napoli la rete «Scuola Saperi e Cura» ha manifestato e criticato la regione di De Luca e il governo. «L’emergenza che non è più tale – sostiene Roberta Moscarelli – Ci sembra che non è stato fatto nulla per garantire il diritto all’istruzione senza metterlo in contrapposizione con quello alla salute».

A Roma ieri c’è stato anche un sit-in a piazza Montecitorio, indetto dal coordinamento dei presidenti dei consigli di istituto del Lazio con i sindacati Flc Cgil, Cisl e Uil scuola, Snals e Gilda. Nella Capitale è in corso una forte polemica tra migliaia di docenti dei licei romani e della città metropolitana, il prefetto, l’ufficio scolastico regionale e il governo sulle modalità del rientro: doppia fascia di entrata (8-10), lezioni al sabato, organizzazione dei trasporti e tracciamenti per evitare e prevenire i contagi. Il dibattito prosegue intensissimo sul nostro sito ilmanifesto.it/lettere. Ieri, tra l’altro, sono stati proposti trasporti dedicati, e non aggiuntivi, per gli studenti; fascia unica alle 8, fornitura di mascherine FFP2; omogeneizzazione di tamponi e tracciamenti periodici da fare anche nelle scuole e non solo nei drive in.

A Milano ci sono tensioni sull’organizzazione della didattica vincolata ai trasporti. Sembra che il prefetto Renato Saccone abbia alluso a provvedimenti disciplinari se i presidi non faranno rispettare il 50% in classe. »La scuola -hanno risposto i presidi – non è un panetto di burro, che si può tagliare alla grammatura desiderata». Ieri la regione Lombardia ha comunicato che queste scuole torneranno al 50% solo il 24.

In tutti questi casi non è detto che si si arriverà al 75% delle lezioni in presenza alle superiori prospettato dal governo. In attesa del nuovo monitoraggio, in vista del prossimo Dpcm del 15, in molti temono la Dad al 100% e, per gli altri, difficoltà nei trasporti che incideranno sulla didattica e sulla vita relazionale e materiale degli studenti, delle famiglie e del personale. La riapertura post-natalizia conferma una crisi profonda che danneggia la vita psichica e relazionale degli studenti e aggredisce la costituzione. «Ciò che amareggia è la scuola messa all’ultimo posto – sostiene Costanza Margiotta di «Priorità alla scuola» – La si condanna per i contagi prima di averla riaperta. Sulla scuola si gioca una crisi di governo e un’altra di sistema perché lo Stato è prigioniero delle regioni e non è in grado di assicurare l’istruzione. Dopo 10 mesi di pandemia il governo ha fallito sulla riapertura».